Soumahoro, la suocera: "Per colpa dei migranti faccio la badante"
Contrordine, signori. Era la suocera di Soumahoro, la signora Marie Therese Mukamitsindo – mamma della moglie del deputato ivoriano – a essere vittima dei lavoratori immigrati delle sue cooperative, e non viceversa. Colpo di scena! No, aspettate: questo lo sostiene lei, la suocera di Aboubakar. L’avrebbe detto, pure con un certo piglio, durante l’interrogatorio a cui si è sottoposta volontariamente il 15 gennaio a Latina. La notizia, diffusa da Repubblica, è rimbalzata nelle ultime ore. A Latina, ricordiamo, avevano sede le due cooperative “di famiglia”, Karibu e Consorzio Aid. Mukamitsindo e figlia, Liliane Murekatate – entrambe agli arresti domiciliari da fine ottobre - sono accusate a vario titolo di frode in pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta patrimoniale e autoriciclaggio.
Gli stranieri impiegati nelle strutture (richiedenti asilo ma c’erano anche italiani), secondo l’accusa, oltre a non ricevere gli stipendi o a percepirli con mesi di ritardo vivevano anche in condizioni precarie e spesso gli veniva dato cibo avariato. Tra le contestazioni anche la mancanza di acqua calda e l’assenza di riscaldamento.
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TUTTO IL CONTRARIO
Ma ecco, dicevamo, che Mukamitsindo ha provato a smontare e addirittura capovolgere le accuse: «La gestione delle esigenze alimentari degli ospiti era tutt’altro che semplice», avrebbe riferito. «Siamo stati costretti spesso a chiamare polizia o carabinieri perché gli ospiti non volevano mangiare il riso italiano». E avrebbe aggiunto: «Anch’io sono andata in alcune occasioni a cucinare nella struttura con le usanze del paese. Abbiamo fatto di tutto per andare incontro alle esigenze alimentari degli ospiti, comprando persino farina d’arachide e olio di palma in Ghana». Secondo gli inquirenti, invece, gli ospiti erano «costretti in condizioni di totale violazione dei diritti e della dignità di esseri umani».
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Le spiegazioni dell’indagata non devono aver convinto i magistrati, i quali hanno accusato i parenti di Soumahoro (di mezzo ci sono anche i due cognati, Michael Rukundo, Richard Mutangana) di avere speso in viaggi, vestiti di lusso, ristoranti e alcolici i milioni incassati dallo Stato e destinati all’accoglienza degli stranieri. Ci torniamo tra poco. Per gli investigatori i richiedenti asilo erano pure costretti a pulire tutto da soli. La suocera di Soumahoro ha contestato anche questo punto: «Alcuni scambiavano l’operatore per una colf oppure erano disordinati. Le operatrici avevano paura ad entrare nelle stanze. Ricordo che un’operatrice ci segnalò di essere stata toccata da uno degli ospiti». Torniamo alle spese pazze (presunte per il momento): «Ci sono stati matrimoni di ragazzi usciti dai centri, in cui ho fatto la testimone, in questi casi gli ho comprato gli abiti per le nozze», ha contestato Mukamitsindo. Ma c’è ancora di più.
Stando alle spiegazioni della signora, con i centri per i migranti lei ci avrebbe persino rimesso, nonostante sia a processo anche per una mega-evasione fiscale: «Ho anticipato soldi che ancora non ho recuperato, e per poter mangiare sono dovuta andare due mesi a fare la badante».
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SILENZIO
Soumahoro, come d’abitudine dopo aver invocato il «diritto all’eleganza» per la moglie - eravamo a fine 2022 - non parla più della vicenda. Quando parla lo fa solo in parlamento, e ultimamente ha ripreso a farlo in tivù, sempre per accusare il governo Meloni di tutto il male possibile o quasi. Ora salta fuori che i suoi familiari con la gestione degli immigrati ci avrebbero addirittura rimesso soldi. Nella vita tutto è possibile. Sarà la magistratura a stabilire definitivamente come sono andate le cose.