Ong, "più navi in mare e più soldi agli scafisti": il report degli 007
I barconi «particolarmente capienti» dalla Libia; i natanti «di dimensioni più contenute» dalla Tunisia. Resistenti, in grado di raggiungere l’Italia anche con condizioni meteorologiche avverse, i primi; molto meno sicuri, ma veloci e difficilmente identificabili, i secondi. In comune, le “flotte” protagoniste nelle due rotte che nel Mediterraneo centrale “collegano” il Nordafrica e le coste del nostro Mezzogiorno, hanno un’«offerta di servizi per i migranti irregolari estremamente flessibile», in grado di adattarsi «velocemente» ad ogni tipo di scenario, politico e climatico.
Sono organizzazioni talmente strutturate, quelle che alimentano i flussi migratori clandestini, che il traffico verso l’Italia è perfino pubblicizzato sui social network. Punto forte: la presenza del «naviglio» delle Ong, oltre a quello del dispositivo di soccorso istituzionale (Frontex e Guardia costiera e Guardia di Finanza), nella zona delle operazioni. Perché più imbarcazioni ci sono, maggiore è la «garanzia» di riuscita del viaggio verso l’Europa. Quale che sia la qualità del battello di partenza, visto che qualcuno che “raccoglie” i migranti si trova sempre.
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È tutto nero su bianco quello che sta succedendo nel Mediterraneo in questi giorni. A scattare la fotografia, poco meno di un anno fa, sono stati i nostri Servizi di intelligence in occasione della relazione annuale tramessa al Parlamento sulle politiche per la sicurezza (l’ultima è stata presentata alla fine di febbraio). Un elemento su tutti: il rapporto tra l’aumento delle navi Ong davanti alle coste africane e l’attività delle organizzazioni criminali.
ATTIVISMO SOSPETTO
Ecco i numeri: nel 2021 gli arrivi via mare sulle coste italiane sono stati 67.040. Di questi, la maggior parte ha riguardato provenienze dalla Libia (31.119) e dalla Tunisia (20.218). Dodici mesi dopo, il quadro è cambiato in peggio. Nel 2022 gli arrivi via mare sono diventati 104.580: 53.119 dalla Libia; 32.101 dalla Tunisia. Ma c’è un altro dato che hanno evidenziato i nostri 007: l’aumento del soccorso in mare effettuato dalle navi delle Ong, principalmente nell’area di ricerca e soccorso libica. Una proporzione assente nel report dell’anno precedente. E dunque: su 57.028 migranti recuperati nel Mediterraneo nel 2022 in conseguenza di operazioni di search and rescue (Sar, ricerca e soccorso), 45.136 sono stati il frutto delle attività di soggetti istituzionali, ma 11.892 sono stati opera delle Ong. E qui entra in ballo il traffico marittimo: più “facilitatori” ci sono, maggiore è il vantaggio logistico per i trafficanti di uomini.
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L’analisi dell’intelligence è tanto semplice quanto disarmante: se la “flotta” di soccorritori è nutrita, i network che “vendono” il viaggio per l’Italia possono permettersi di «ridurre la qualità delle imbarcazioni utilizzate». Aumentando, allo stesso tempo, i margini dei loro «profitti illeciti». Ma se i natanti sono inadeguati, diventa più concreto il rischio di naufragio delle persone imbarcate sulle coste nordafricane. A maggior ragione se i mezzi utilizzati dai tunisini, che oggi rappresentano la terza etnia dichiarata al momento dello sbarco in Italia (più 60% rispetto al 2021), sono in partenza «meno resistenti» di quelli usati dai loro colleghi libici.
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NODO TUNISINO
Una conclusione evidenziata, in sede di presentazione del rapporto degli 007, da Alfredo Mantovano, sottosegretario di Palazzo Chigi: «Se io piazzo in prossimità delle acque territoriali navi che non vengono chiamate per specifiche attività di soccorso, aumento la probabilità che barchini e imbarcazioni di fortuna partano dalla terraferma nella speranza di trovare queste imbarcazioni rifugio. L’incremento di queste partenze su navi di fortuna aumenta la probabilità di incidenti, naufragi e morti in mare». Parole pronunciate nei giorni in cui infuriava la polemica sul naufragio di Cutro, sulle coste calabresi. Ad arricchire il dossier dei rapporti tra Ong e network criminali erano state, a dicembre, anche le testimonianze emerse nel corso del processo Open Arms a Palermo, dove è imputato Matteo Salvini, vicepremier e ministro delle Infrastrutture. Un’informativa della Marina militare, infatti, redatta sulla base di due audio, ventisette video e sedici immagini raccolte dal primo agosto del 2019 per quasi 17 ore dal sommergibile “Pietro Venuti”, mostrò come la nave della Ong spagnola «senza alcun apparente motivo», modificò rotta e velocità per raggiungere un barcone di migranti. Ma in quel momento l’imbarcazione «si trovava a distanza ottica/radar dalla quale non era in grado di poter visualizzare il barcone» con i naufraghi a bordo. Il sospetto è che la Ong conoscesse in anticipo le coordinate della barca da soccorrere. Se ne saprà di più nella prosecuzione del processo.