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Anzio, immigrato libero di violentare due volte

Fausto Carioti
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Non c’è solo il presunto stupro della vicenda che ha per protagonista Leonardo Apache La Russa. I reati di violenza sessuale commessi in Italia sono in rapido aumento: furono 4.497 nel 2020 e sono stati 5.991 nel 2022. I numeri, che del politicamente corretto se ne fregano, dicono anche che dei 5.072 stupratori arrestati o denunciati nel 2021 (ultimo dato), 2.007 hanno la cittadinanza straniera: in un Paese in cui gli immigrati sono il 9% della popolazione, il 40% delle violenze sessuali è commesso da loro. La cronaca ci ha appena consegnato la storia di uno di questi ospiti indesiderati: un clandestino nigeriano che il 12 maggio ha abusato di una ragazza diciottenne ad Anzio, in provincia di Roma: era recidivo, noto alla polizia eppure libero di girare per l’Italia. La metafora perfetta di come funziona l’immigrazione irregolare in Italia, e di cosa accadrebbe se fossero chiusi i Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri, che il Pd di Elly Schlein chiede di smantellare.

 


Lui si chiama Valentine Omwanta, classe 1991, sbarcato a Lampedusa il 29 ottobre 2015. Appena arrivato, come da prassi, la polizia gli fece la foto segnaletica e gli prese le impronte delle mani. Il 31 maggio del 2016, a Trapani, l’uomo rapinò, picchiò e tentò di stuprare una donna. Era «in attesa del nulla osta come rifugiato», scrissero i giornali all’epoca. Fu arrestato due mesi dopo e condannato a sette anni e 1.800 euro di multa (proprio così: le pene sono queste). La reclusione vera, ovviamente, fu più breve: nel marzo del 2022 il nigeriano uscì dalla casa circondariale di Siracusa e la Questura gli notificò il decreto di allontanamento dal territorio dello Stato. Ed è a questo punto che la normativa italiana in materia di immigrazione si rivela il grande fallimento che è.

Il clandestino, ovviamente, ignora quel decreto. Il 28 novembre del 2022 incappa nel controllo dei poliziotti del commissariato romano di San Basilio, che avviano la procedura per inviarlo in un Cpr, come si fa con gli stranieri irregolari pericolosi e in attesa di espulsione. La prassi prevede però che sostenga una visita medica, e la Asl certifica che è «non idoneo» alla vita in una comunità ristretta, a causa di una patologia psico-fisica. Dunque, non può essere rinchiuso in un Cpr. Dopo la condanna blanda e l’allontanamento fai-da-te, è la terza piega della legge in cui il nigeriano s’infila. Ne trova un’altra subito dopo, quando ha in mano l’ordine di lasciare il territorio italiano che il questore capitolino gli ha consegnato il 29 novembre. Contro questo provvedimento presenta infatti ricorso al giudice di pace, sostenendo di avere intenzione di presentare domanda di protezione internazionale. In tutti questi mesi il giudice non si è espresso sul suo caso.

 

 


Le tracce di dna hanno permesso di identificarlo come l’autore dello stupro di Anzio e l’8 luglio l’uomo è stato arrestato ad Aprilia, con l’accusa di violenza sessuale, lesioni e rapina. Ora è rinchiuso nella casa circondariale di Latina. Così, approfittando delle possibilità offerte dall’ordinamento italiano, un immigrato clandestino, già condannato per stupro e affetto da una forma di sociopatia, è stato libero di muoversi sul territorio nazionale e fare tutto ciò che voleva, incluso assalire una ragazza di 18 anni alla fermata dell’autobus, trascinarla in un boschetto, picchiarla e violentarla.

Nel suo caso è stato decisivo il certificato medico che ha reso impossibile rinchiuderlo in un Cpr. Ma la sua storia potrebbe essere quella di tutti i clandestini meritevoli di espulsione, se diventasse realtà la promessa di chiudere i Cpr fatta dalla segretaria del Pd: «Non crediamo che servano altri luoghi di detenzione». Il vendoliano Marco Furfaro, al quale la Schlein ha dato la delega per il “Contrasto alle diseguaglianze”, ha spiegato che lui, Elly e e gli altri sono «contrari ai Cpr, perché l’immigrazione va gestita in maniera non propagandistica, ma seria, facendo sì che non si creino problemi alle nostre comunità». Non capiscono, o fingono di non capire, che l’abolizione dei Cpr servirebbe solo ad aumentare i problemi che già ci sono. Quei centri sono necessari per canalizzare con sicurezza gli immigrati da espellere; senza di essi c’è il limbo di chi rifiuta di andarsene e scompare dai radar, libero di fare ancora del male. Come racconta la storia di Valentine Omwanta e della sua vittima, dei quali nessuno a sinistra parla

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