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Ong, la vergognosa denuncia di Alarm Phone: chi tifa per i barconi

Daniele Dell'Orco
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La Tunisia, nei limiti del possibile, prova a fare il suo lavoro per limitare l’arrivo di migranti irregolari in Italia e, allo stesso tempo, le morti in mare. Nell’unico modo logico possibile: bloccando le partenze. Alle Ong però questo non sta bene. Una di loro, Alarm Phone, si è lamentata ieri via Twitter del fatto che 15 barconi carichi di persone sarebbero stati fermati dalle autorità locali nelle acque territoriali del Paese e a poche miglia dalla costa. Alarm Phone ha confermato di essere anche a conoscenza di altre imbarcazioni pronte a partire mala Guardia Nazionale tunisina avrebbe rimosso i motori dai taxi del mare.

 

 

 

SCAFISTI

Nel caso, si tratterebbe della prova provata che Tunisi stia cercando di fare il proprio lavoro, ma pure del fatto che ad alcune Ong non interessi affatto che un Paese agisca nel pieno delle proprie facoltà, bensì che le “ferry lines” gestite dai trafficanti possano lavorare indisturbate. Il canale social di Alarm Phone, chissà come al corrente di queste informazioni con tempismo straordinario, ha postato anche la geolocalizzazione dei blocchi operati dalle autorità tunisine, praticamente a tre bracciate dalla costa. Senza che ci sia dunque un serio rischio per i migranti salpati illegalmente. A margine del post campeggia lo stesso, però, lo slogan “rescue is needed”, il soccorso è necessario.

La capillare attività della Guardia Nazionale tunisina per cercare di arginare i flussi è stata comunque confermata anche dalla stessa autorità, che ha fatto sapere di aver recuperato (e non lasciato alla deriva come sostiene Alarm Phone) quasi 700 migranti irregolari solo nella notte tra sabato e domenica. Praticamente tutti provenienti dall’Africa sub -sahariana. Nonostante gli sforzi, tuttavia, la rotta tunisina si sta ingrossando sempre di più e l’arrivo della bella stagione non farà che peggiorare le cose. Da diversi mesi la Tunisia ha soppiantato la Libia in testa alla classifica delle Nazioni di partenza dei natanti verso le coste italiane. E non di poco. Stando ai dati del Viminale, visionati da Libero, da inizio anno ad oggi circa 37.700 migranti sono sbarcati in Italia e oltre la metà (19.949) sono salpati dal litorale tunisino, contro i 15.515 provenienti dalla Libia. Lontanissima in terza posizione come Paese d'origine dei flussi la Turchia (947), una rotta praticamente chiusa dopo il tragico naufragio di Cutro. Nei primi due casi, il confronto con lo stesso periodo del 2022 è impietoso: +300% di arrivi dalla Libia, mentre quelli via Tunisia sono addirittura 10 volte superiori (l’anno scorso a fine aprile furono meno di 2mila). E la cosa paradossale è che i tunisini non sono che una parte minoritaria del totale (2.828).

 

 

 

ROTTA BALCANICA

Questo perché se è vero che la difficile situazione economica della Tunisia spinge molti, soprattutto giovani, a tentare la via della “harka” (la migrazione illegale), è altresì vero che da sempre gettonata per i tunisini che pure hanno il mare in casa è la cosiddetta rotta balcanica. Lo schema prevede: volo per la Serbia con scalo in Turchia e trekking dell'Ave Maria attraverso il confine con l’Ungheria o con la Croazia (attraverso la Bosnia). Il grosso dei partenti dalla Tunisia (per un posto sulle bagnarole del mare da 15-20mila dollari di valore si pagano circa 5mila dollari da moltiplicare per 100, anche 200 persone), proviene invece dalla Costa d'Avorio (5.810) e dalla Guinea (4454) mentre dalla Libia arrivano perlopiù egiziani (4.405) e pakistani (3.848). Con buona pace delle Ong, ora per il governo italiano la priorità è quella di aiutare la Tunisia ad intensificare i blocchi. Pochi giorni fa si è svolto un bilaterale telefonico tra Roma e Tunisi e i ministri competenti si sono ripromessi di rivedersi a breve. Nel caso in cui il presidente Kais Saied dovesse richiedere ulteriore supporto, l'Italia sarebbe pronta a dare una mano.

 

 

 

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