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Immigrazione, i razzisti sono a "Repubblica": "Nei campi", ecco cosa scrivono

Alberto Busacca
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Sulla “sostituzione etnica” la sinistra non molla. E anche ieri è andata all’assalto dell’esecutivo. Ovviamente mettendosi sul piedistallo e dando lezioni di morale. «Dopo le dichiarazioni del ministro Lollobrigida», ha detto Nicola Fratoianni, «siamo ben oltre il limite della decenza. Più che parlare di sostituzione etnica sarebbe necessaria, dalle parti di Palazzo Chigi e del governo, una sostituzione etica». Una battuta, questa, che ai compagni è piaciuta parecchio. Tanto da essere riproposta, in Senato, anche dal capogruppo di Alleanza Verdi-Sinistra, Peppe De Cristofaro: «Qualche volta al posto della sostituzione etnica, servirebbe quella etica, la sostituzione di chi evidentemente non sa fare il suo lavoro». Il dibattito, comunque, è proseguito per tutta la giornata, con la Schlein che ha chiesto «una presa di distanza da parte di Meloni e del resto del governo» e il ministro della Famiglia, Eugenia Roccella, che ha invece difeso il collega: «Dietro la spinta per l’immigrazione incontrollata non c’è altruismo. C’è invece l’idea di appaltare a Paesi terzi quello che secondo l’ideologia globalista e falsamente buonista della sinistra, che per decenni ha imperato nel nostro Paese, non si dovrebbe più fare: i figli e i lavori meno patinati».

LA MANODOPERA
Già, la questione sembra essere esattamente questa. E per rendersene conto basta leggere il pezzo pubblicato ieri da Repubblica per spiegare al premier e a tutto il governo «perché alle imprese servono gli stranieri» e perché per trovare manodopera «è sbagliato puntare sulla natalità e sull’occupazione autoctona, possibilmente trainata dalla componente femminile». Sugli interventi in materia di occupazione femminile, i dubbi arrivano dalla statistica Linda Laura Sabbadini: «Serve integrare un numero di migranti più alto perché questo avrebbe effetto immediato di aumento di popolazione in età lavorativa, non come l’aumento delle nascite. Inoltre donne e migranti non sono così facilmente intercambiabili sul mercato del lavoro. Vogliamo far fare alle donne i muratori o i manovali e farle lavorare nei cantieri edili o nei lavori di fatica in agricoltura? E allora adottiamo politiche per l’occupazione femminile, investendo in infrastrutture sociali compresa sanità, assistenza, nidi. Ma io tutto ciò non lo vedo». Insomma, mandare nei campi e nei cantieri gli immigrati è molto più semplice...

 

Non è tutto. Perché oltre a essere difficilmente intercambiabili con le donne, i migranti sembrano essere difficilmente intercambiabili anche con i lavoratori italiani. Soprattutto giovani. Lo spiega, sempre a Repubblica, Patrizia De Luise, presidente di Confesercenti: «La necessità dei lavoratori stranieri è oramai conclamata. Solo per l’estate noi cerchiamo 50mila addetti. Grazie al turismo i servizi si sono ben ripresi dopo la pandemia. Ma adesso fatichiamo a trovare lavoratori. I giovani preferiscono non lavorare la sera, nei festivi, nei fine settimana. È cambiata la mentalità. E basta guardarsi in giro: i nostri bar e ristoranti sono già pieni di addetti stranieri». Insomma, alla fine anche sul giornale simbolo della sinistra ci spiegano che servono i migranti perché il lavoro nei campi è troppo duro e gli italiani non ne vogliono più sapere di faticare durante il fine settimana, di alzarsi troppo presto al mattino odi finire troppo tardi la sera... a questo punto, però, restano alcune domande a quelli che parlano di «sostituzione etica»: - non è che alla fine aveva ragione il ministro Lollobrigida a ricordare ai giovani che lavorare nei campi non è svilente ed è sempre meglio che stare a casa a prendere il reddito di cittadinanza? - non è che alla prova dei fatti, come una volta diceva anche la sinistra, il rischio è che per gli immigrati ci siano soltanto i lavori più faticosi e meno pagati? - non è che alla fine il vero razzista è chi pensa che ormai solo i “neri” possono lavorare nei campi e nei ristoranti? Il rischio è che la sinistra che tanto si è indignata per le parole sulla “sostituzione etnica”, poi avalli, nei fatti, la “discriminazione etnica” nel mondo del lavoro. Twittava qualche anno fa Alessandro Gassmann: «Te piacciono i pomodori? Le verdure? Le fragole? Senza migranti, scordateli». Ecco, pare che i compagni la pensino ancora così... 

 

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