Immigrazione, stretta sui permessi: il pugno di ferro del governo
La nuova stretta del governo sui migranti arriva sotto forma di due emendamenti al “decreto Cutro” in discussione al Senato. Le maglie si stringono ulteriormente sui richiedenti asilo, che in attesa di conoscere l’esito della loro domanda di protezione internazionale, non potranno più essere ospitati dal Sistema di accoglienza e integrazione gestito (Sai) dagli enti locali, ma saranno accolti dai centri di accoglienza governativi.
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Tra i richiedenti asilo, i servizi di integrazione saranno concessi solo a chi entra in Italia attraverso i corridoi umanitari e a chi appartiene alle categorie vulnerabili (donne in gravidanza, anziani, soggetti fragili. L’esecutivo interviene sugli articoli 5 e 7 del decreto varato lo scorso 10 marzo. Le modifiche, sulle quali la maggioranza ha raggiunto un’intesa, sono state annunciate da Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno (Lega), prima della seduta della commissione Affari costituzionali del Senato, che esaminerà il testo fino a martedì prossimo, quando la palla passerà all’Aula.
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Il maxiemendamento all’articolo 5 potenzia a livello logistico il sistema di prima accoglienza governativo. Concedendo ai prefetti il potere di «individuare strutture provvisorie ove ospitare i richiedenti asilo in caso di indisponibilità di un adeguato numero di posti nelle strutture esistenti». In queste strutture, i migranti rimarrebbero «per il tempo strettamente necessario». Per alleggerire il peso sugli hotspot - a partire da quello di Lampedusa - e spostare più velocemente i migranti verso le destinazioni individuate dal ministero dell’Interno, il Viminale riceve per il 2023 uno stanziamento aggiuntivo di 8,8 milioni. Le risorse serviranno a stipulare «uno o più contratti per l’affidamento del servizio di trasporto marittimo». Per Lampedusa, in particolare, sarà individuato «un vettore di trasporto aggiuntivo» rispetto all’attuale traghetto di linea per assicurare «il trasferimento aun porto della Sicilia meridionale di almeno 400 migranti al giorno, per un totale di 2.800 a settimana». Numeri che la dicono lunga sull’impatto che l’esecutivo si prepara ad affrontare nei mesi estivi. Non a caso fino al 31 dicembre 2025 al Viminale è concessa la facoltà di avvalersi, «nel punto di crisi di Lampedusa», del personale della Croce Rossa.
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DOMANDE PIÙ DIFFICILI
Un altro numero merita di essere sottolineato: la previsione di spesa per assicurare l’accoglienza dei richiedenti asilo, dei profughi provenienti dall’Ucraina nei centri governativi e negli hotspot e dei richiedenti asilo non più inseriti nei progetti della rete Sai, ammonta a oltre 800 milioni di euro (853,6). L’altro emendamento è all’articolo 7 e riguarda le procedure accelerate per esaminare alla frontiera, o nelle zone di transito, le domande di protezione internazionale. In questo caso, la proposta di modifica prevede che la commissione territoriale per il diritto di asilo competente decida entro sette giorni dalla ricezione dell’istanza. Ma novità, in senso restrittivo, ci sono anche per gli stranieri che intendono ripresentare una domanda di protezione. La richiesta sarà considerata ammissibile solo nel caso in cui il migrante abbia nuovi elementi o nuove prove sulle sue condizioni personali o sul Paese di origine. Se queste novità non sono al momento riscontrabili, spetta allo straniero richiedente specificare, e provare, di non aver potuto presentare i documenti per cause indipendenti dalla sua volontà. Quanto alla protezione speciale, la terza forma di tutela per i profughi su cui la Lega ha già presentato alcune proposte di modifica in senso restrittivo, il governo non ha ancora presentato un suo testo. Potrebbe farlo in seguito, ecco perché il Carroccio, al momento, non ritira i suoi 21 emendamenti. «Non è un tema trattato dal governo nelle sue proposte di modifica. Se successivamente ci sarà un ulteriore emendamento specifico, se ne discuterà e valuteremo», spiega Massimiliano Romeo, capogruppo al Senato. I gruppi parlamentari avranno tempo fino alle 15 di oggi per presentare i subemendamenti alle proposte dell’esecutivo. La commissione Affari costituzionali voterà da lunedì a mezzogiorno: il rischio che sia una “seduta fiume”, con l’opposizione pronta anche a usare l’arma dell’ostruzionismo, è ormai una certezza.Il decreto dovrà essere convertito, dopo l’esame anche da parte della Camera, entro il 9 maggio.