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Ong, perché è ora di fermare i dilettanti politicizzati del mare

Pietro Senaldi
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Fuori i dilettanti dai mari, fuori l'ideologia dai salvataggi, basta usare i profughi come arma politica. La Guardia Costiera domenica ha accusato le navi delle organizzazioni umanitarie di intralciare le operazioni di soccorso alle zattere del mare intasando i centralini con continue segnalazioni. E questa è una evidente prova di scarsa professionalità.

A ciò ieri si è aggiunta la comunicazione delle ragioni che hanno portato le autorità italiane a fermare la Louise Michel, l’imbarcazione finanziata dall’artista britannico Banksy. Il mezzo non ha rispettato le indicazioni delle autorità italiane, aveva a bordo un numero eccessivo di persone e non si recava in porto, continuando a girare per il Mediterraneo in cerca di nuovi profughi, la qual cosa ha messo a rischio la vita di minori che erano già sul ponte. A prescindere dal fatto che, per aver ritardato lo sbarco di migranti che erano al sicuro nel porto l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è tuttora a processo per sequestro di persona, il comportamento delle ong dimostra come gli operatori umanitari, che agiscono invocando la legge universale del mare, non siano in realtà disposti a seguire le leggi degli Stati ai quali chiedono aiuto per trarre in salvo gli immigrati. Si ritengono al di sopra del diritto, un po’ come la capitana Rackete quando speronò in porto le motovedette della Finanza italiana, ottenendo l’immunità dai nostri giudici che ora tutti i suoi compari pretendono.

Il disprezzo dello Stato italiano da parte delle Ong è irritante e nocivo sempre, ma è intollerabile in questo frangente drammatico, ora che la crisi economica africana e lo sconquasso geopolitico mondiale spingono migliaia di nullatenenti ogni giorno a tentare la via del mare. L’Italia ha chiesto aiuto all’Europa, la quale ha promesso che lo darà, ma con i suoi tempi. Questo significa che ci troviamo soli a fermare con le mani un’ondata di disperati. È pertanto legittimo che chi si prende la responsabilità di una simile opera biblica possa decidere come farlo e pretendere di lasciare attraccato al molo chiunque ritiene essere un disturbatore anziché un aiuto concreto. Le navi delle Ong perseguono finalità politiche e si servono di un pretesto umanitario per farlo. Finché la situazione era sotto controllo, erano solo dei rompiscatole. Ora sono diventati dei sabotatori. Metterle fuori gioco è interesse primario soprattutto delle persone da salvare.

Lo dice la Guardia Costiera, lo conferma il governo italiano. Non è più tempo di speculazione politica ma di azione e decisioni, e queste vanno lasciate a chi, volente o nolente, si è assunto la responsabilità di mettere una pezza a una tragedia umanitaria che non ha causato; anzi, è il solo nel pianeta ad aver tentato di scongiurare. Stiamo parlando dello Stato italiano, attualmente rappresentato dal governo di centrodestra. Non disturbate il manovratore, si dice in questi casi. Ne va della vita di decine di migliaia di persone, delle quali alla fine si occupa l’Italia e non gli Stati di bandiera delle imbarcazioni umanitarie, e tantomeno chi le capitana o comunque tira sera a bordo di esse. 

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