Louise Michel, "stato di incoscienza": perché la Ong è stata sequestrata
Il rapporto dell’autorità marittima di Lampedusa è durissimo: la nave Ong tedesca Louise Michel, che è in stato di fermo per 20 giorni con l’accusa di aver violato le norme che regolano l’attività di soccorso, avrebbe messo a repentaglio la vita dei migranti. Nel documento, in particolare, viene fatto riferimento all’ultima operazione effettuata nella notte tra il 24 e il 25 marzo in cui c’è stata una collaborazione tra la Guardia costiera italiana e l’equipaggio della nave Ong. Quest’ultimo, si legge nel rapporto, avrebbe comunicato di aver recuperato tutti i 38 naufraghi (in totale a bordo erano 178), tra i quali «un adulto e un bambino in stato di incoscienza che necessitavano di cure immediate per sindrome da annegamento, ed entrambi venivano trasbordati sulla motovedetta della Guardia costiera assieme al medico di bordo della Louise Michel e portati a Lampedusa». Mentre la nave procedeva verso Nord, sostiene l’autorità marittima, le autorità italiane avrebbero chiesto alla Louise Michel di raggiungere velocemente l’isola siciliana, anche a causa dei rischi dovuti al sovraffollamento dell’imbarcazione, che al massimo può trasportare 60 persone. Riassumendo, le accuse rivolte sono di aver effettuato autonomamente 3 operazioni in area di ricerca e soccorso libica e maltese (in tutto sono state 4), di aver disatteso le indicazioni delle nostre autorità che avevano indicato di raggiungere subito il porto di Trapani, e quella di aver caricato a bordo il triplo dei migranti consentito.
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IL GRIDO DI BATTAGLIA
La Ong protesta: «Stiamo consultando i nostri avvocati per capire come muoverci, siamo pronti a una battaglia legale. Sappiamo che secondo la legge italiana abbiamo la possibilità di un solo viaggio in acque nazionali durante il fermo, e forse potremmo andare a Palermo». E ancora: «Prenderemo tutte le misure necessarie per combattere questo provvedimento. L’unico obiettivo della legge è il blocco delle navi di soccorso, tenendo consapevolmente in conto della morte delle persone». La Louise Michel è la nave rosa “antirazzista” e “femminista”, si legge sullo scafo, finanziata dal writer Banksy. La capitana si chiama Pia Klemp, ambientalista militante aspirante novella Carola Rakete. Sulla Klemp pende ancora dal 2017 l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare per il caso di un’altra nave Ong di cui era capitana, la Iuventa, poi sequestrata dalle autorità italiane. Il procedimento è nella fase dell’udienza preliminare.
Un’altra Ong ancora, sempre tedesca, la Sea Watch, ha invece diffuso il dialogo intercorso con un’addetta al telefono per le segnalazioni al coordinamento marittimo italiano. Nell’audio, di sabato scorso, la Ong segnala che la Guardia Costiera libica ha sparato in aria a poca distanza dalla nave Ocean Viking (della Ong Sos Méditerranée) e l’addetta al telefono dopo avere ringraziato dell’informazione comunicata anche via mail interrompe la comunicazione in fretta. Viene accusata dalla Ong ancor prima di analizzare la correttezza della procedura, come prevedibile. Da una parte le Ong tuonano, dall’altra fingono di abbassare i toni.
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«Cooperiamo per salvare in mare più vite possibili», ha scritto Mediterranea Saving Humans al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al premier Giorgia Meloni. «Produciamo un’azione sinergica davanti a questo imperativo», prosegue la lettera, «che possa indurre l’Unione Europea a uscire dalla sua latitanza e mettere in campo una missione coordinata di soccorso in vista dell’estate, che si preannuncia terribile». Porge un ramoscello d’ulivo, ora, Mediterranea. «Basta guerra alle Ong, vi rivogliamo con tutta l’umiltà possibile un appello, evitiamo altri morti innocenti».
Peccato che il capomissione di Mediterranea, che gestisce la nave Mare Jonio, sia il leader dei centri sociali Luca Casarini, lo stesso del «cominciate a ingoiarvi gli sbarchi selettivi e il carico residuale invece di sparare minchiate, consiglio olio di ricino per agevolare», messaggi un po’ meno concilianti a Meloni e Piantedosi. «Con oltre 10mila persone», scriveva l’11 marzo su Twitter ancora Mediterranea, «è partita la manifestazione a Cutro, la risposta della società civile alle barbarie dell’esecutivo Meloni e della Fortezza Europa». Alla protesta s’erano unite altre organizzazioni non governative. È stato il governo, hanno detto, a provocare il naufragio. Nel frattempo proseguono gli sbarchi e l’attività delle navi “umanitarie”. La Ocean Viking è davanti alla Tunisia. La Geo Barents sta lasciando il porto di Bari dove ha sbarcato 190 migranti ed è pronta a nuove operazioni. La nave Diciotti della Guardia Costiera ha sbarcato a Reggio Calabria i 525 migranti caricati dal centro d’accoglienza di Lampedusa. Torniamo al messaggio di Mediterranea. «Vi chiediamo di coordinare una grande azione che coinvolga i mezzi militari e civili, per affrontare come farebbe un grande Paese questa strage annunciata e continua. Prima si salva, poi si discute». E magari si insulta, come Casarini.
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