Immigrazione, dai profughi agli ultras: un'Europa senza frontiere
La nuova ondata di sbarchi, la Francia in rivolta contro Macron, le armi all’Ucraina, le crisi bancarie hanno già fatto dimenticare le recenti violenze degli ultrà tedeschi che hanno messo a ferro e fuoco Napoli. Bene ha fatto Aurelio de Laurentiis a chiamare in causa la politica. A partire da Bruxelles. Il numero uno del Napoli si è rivolto direttamente a Ursula Von der Leyen: «Quando pensa il presidente dell’Unione Europea di occuparsi di calcio?». Domanda che non ha avuto risposta. La globalizzazione del tifo alimenta alleanze tra gruppi di violenti e sta diventando un’emergenza sociale.
La filosofia dell’Unione europea, come dimostra il caso migranti, di non presidiare le frontiere permettendo anche gli spostamenti massicci di tifosi è il problema. Queste bande, riunite in una città o in uno stadio, diventano difficili da gestire come dimostrano i recenti casi di Napoli e San Sebastian con l’aggressione dei tifosi romanisti. E ci sono preoccupazioni per l’arrivo il 20 aprile a Roma dei tifosi del Feyenoord che già nel 2015 assaltarono la Capitale, danneggiando la fontana della Barcaccia.
La cosiddetta “cultura ultras” ha come punto d’onore lo scontro con le forze dell’ordine. Il caso del furto dello striscione ai tifosi romanisti durante una trasferta a Empoli ad opera dagli ultrà della Stella Rossa di Belgrado è emblematico. Questi tifosi serbi, che hanno poi bruciato lo striscione rubato, sono gemellati con il Napoli e in guerra con i romanisti che a loro volta sono allenati con i croati della Dinamo Zagabria.
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Gli hooligans 2.0 sono veri e propri eserciti che si allenano alla lotta e praticano arti marziali. Per loro le azioni violente sono un modo per accrescere la propria immagine attraverso la diffusione di video sui social. Negli scontri di Napoli sono stati coinvolti anche gli ultras dell’Atalanta, gemellati con quelli dell’Eintracht.
Male alleanze sono infinite: gli interisti hanno un patto con i tifosi del Nizza, gli juventini sono “fratelli” degli olandesi del Den Haag, i milanisti sono collegati ai serbi del Partizan, i laziali ai madrilisti e ai tifosi del West Ham, i sampdoriani sono amici dei marsigliesi, i veronesi degli inglesi del Chelsea.
Una geopolitica tanto vasta quanto instabile perché alleanze e logiche di branco possono mutare per un nonnulla. Insieme a interventi repressivi ci vogliono strategie politiche. Da parte dell’Unione. Tutti sanno che le guerre nei Balcani furono innescate (era il ’90) dagli scontri allo stadio Maksimir di Zagabria tra i serbi del gruppo Delije della Stella Rossa di Belgrado e i Bad Blue Boys croati, tifosi della Dinamo. E anche in Ucraina i gruppi ultrà delle varie squadre combattono in Donbass con milizie indipendenti. L’inefficienza di Bruxelles con le frontiere fuori controllo aggrava i problemi e non si può pretendere di delegarli solo ai governi nazionali depotenziati dall’Unione, come dimostrano le tragiche vicende dei migranti che sbarcano senza sosta in Italia.
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