Ong, navi ferme e senza soldi: chi si arrende subito
Si mette male per le navi ong. Costrette a viaggi sempre più lunghi e quindi costosi, spesso ferme per giorni in mare, potrebbero avviarsi verso la resa, secondo quanto riporta La Repubblica. Per esempio, per la Geo Barents e la Ocean Viking si tratta del terzo viaggio a lunga percorrenza, senza contare che con la nuova strategia del ministero dell'Interno guidato da Matteo Piantedosi, la flotta è decimata. Inoltre sono saliti i costi del carburante. Per percorrere tratte così lunghe i costi sono quindi diventati insostenibili e molte navi sono state costrette a fermarsi, come la spagnola Open Arms e l’italiana Mare Jonio, ferma la nuova nave di Amnesty international, ferme le tedesche, Sea eye, Mission Lifeline, Sos Humanity.
Una nave Sea Watch è partita ieri 26 gennaio ma, spiega il presidente della Ong Gordon Isler a La Repubblica, "grazie allo sforzo dei sostenitori. Le altre cinque missioni pianificate per il 2023 non hanno ancora trovato finanziamenti".
"Ecco perché mando la nave a La Spezia": Piantedosi di ferro, Ong muta
A Stoccolma, alla prima riunione dei ministri dell’Interno europei, sotto la presidenza svedese, Piantedosi ha illustrato il suo progetto di "rimpatri forzati accompagnati": "Un’operazione di ritorno che sia associata a progettualità di reintegrazione, anche in caso di rimpatri forzati, può infatti agevolare la collaborazione dello straniero, stimolare i Paesi terzi di provenienza a rafforzare la cooperazione e concorrere a contrastare le cause profonde dell’immigrazione". E ancora: "Rafforzare le frontiere esterne con lo spiegamento coordinato delle risorse dell’Ue nei punti strategici - l’obiettivo che la presidente della commissione Von der Leyen indica agli Stati - occorre sostenere gli sforzi nazionali volti a promuovere il rimpatrio, affrontare il tema dei movimenti secondari dei migranti ma anche garantire efficace solidarietà a Paesi in difficoltà". Leggi, redistribuzione dei migranti.
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