Soumahoro, il sospetto politico: chi ha insabbiato i guai della Karibu
Pare che il percorso della Karibu fosse opaco già da anni. La coop della famiglia di Aboubakar Soumahoro, infatti, vinse il bando per la gestione del progetto Sprar per la gestione dell'accoglienza migranti nel 2011 restando "l'imperatrice dei migranti" fino al 2018, senza rinnovare il bando, ma grazie a continue proroghe da parte del Comune di Sezze "di cui è stata partner per tutta la gestione", riporta Il Giornale. Insomma, la Karibu aveva l'appoggio totale della sinistra, delle amministrazioni dei comuni pontini.
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Un metodo quello "immigrati che gestiscono l'accoglienza di altri immigrati" che però nascondeva delle problematiche ignorate e insabbiate dai piani alti delle amministrazioni locali. Nel 2018 i migranti di un centro Karibu protestarono per cibo immangiabile, pocket money inesistente e strutture non conformi ai minimi requisiti igienico sanitari, come fu poi confermato anche dall'Asl. Un "giochino" che è andato avanti fino al 2019, quando bisognava per forza indire un nuovo bando.
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Quando poi si insediarono i nuovi gestori nei centri gestiti fino a poco tempo prima da Karibu, essi trovarono esattamente ciò che ora sappiamo tutti: condizioni di vita degradanti, mancanza di cibo e trattamenti al limite dell'umano. "Strutture prive di allacci per l'erogazione di acqua e metano e acqua non potabile"