Marco Damilano, te la ricordi? Soumahoro, la foto che spazza via il direttore
Ops. Che figura compagni! Ci scappa da ridere, molto, ma è una risata triste, ed è un peccato. Certo, non triste come la copertina dell'Espresso del 17 giugno 2018, molto più tragica come comica, almeno per chi l'ha pensata. Titolo: "Uomini e no", come il romanzo di Elio Vittorini sulla Resistenza. L'uomo, sulla sinistra, è il sindacalista Aboubakar Soumahoro, ancora cittadino semplice, non un deputato della Repubblica. Il "no", sulla destra, è Matteo Salvini, allora neo-ministro dell'Interno. "Il cinismo", si legge sotto i due volti, "l'indifferenza, la caccia al consenso fondata sulla paura. Oppure la ribellione morale, l'empatia, l'appello all'unità dei più deboli". Poi il domandone, retorico: "Voi da che parte state?".
Aboubakar paladino degli "ultimi", per Repubblica. Aboubakar strenuo difensore, forse l'ultimo, dei diritti dei neri e delle minoranze, per La7, che assieme al settimanale progressista ha costruito, elevato e idolatrato l'immagine del futuro parlamentare ivoriano con gli stivali, oggi crollata sotto i colpi di un'inchiesta giudiziaria che se al momento non lo vede indagato, fa a brandelli la narrazione portata avanti per anni da lui e dalla sinistra.
Salvini quella copertina l'aveva criticata: «Alla faccia del giornalismo, ormai alla sinistra rimangono bugie e insulti. Mi fanno tenerezza», e aveva allegato l'emoticon di un bacio. Era il tempo dei "bacioni" inviati ad avversari politici e insultatori vari, tutti a sinistra. La replica di Marco Damilano, allora direttore dell'Espresso, era stata durissima: «Di bugie e insulti la Lega di Salvini è esperta da anni: i dati amplificati sull'immigrazione per creare la percezione di un'invasione che non c'è, il dileggio dell'avversario politico. A noi interessa reagire e rappresentare la voce di quella parte di società italiana che non si rassegna a un governo e a un politico impegnato in una campagna elettorale permanente sulla pelle dei migranti e di chi dissente. Un politico che», aveva aggiunto Damilano, «da anni discrimina tra cittadini di serie A e di serie B. Chiediamo ai lettori di giudicare chi sia l'uomo tra un ministro sicuro del suo potere politico e mediati co e un sindacalista di strada che difende i suoi fratelli e compagni». E come li ha difesi!
"Parente dell'antisemitismo". Soumahoro, l'azzardo di Paolo Mieli
Ma il "ciclone Soumahoro", dicevamo, s' è fatto sempre più potente anche grazie ad altri buonisti militanti in servizio permamente. Fabio Fazio, Roberto Saviano, Giobbe Covatta, Michela Murgia. Poi c'è il leader maximo dell'esercito, Diego Bianchi, "Zoro", il mattatore di Propaganda Live che a colpi di «Daje!» caricava il Soumahoro che guidava gli scioperi nei campi del Foggiano. Pugno chiuso e calosce. Tra le perle più pure la puntata del 22 maggio 2020, appena terminata la fase più dura della pandemia. Decine di braccianti in aperta campagna capeggiati da Aboubakar. Finisce il servizio in cui l'eroe dei due stivali viene messo a confronto col bruto Salvini il quale sollevava delle perplessità per il fatto che a scioperare fossero «dei clandestini», e Bianchi esclama: «Grazie, Aboubakar! Si batte la mano sul petto, sul cuore». Aboubakar, alla fine, lancia il grido di battaglia: «È solo l'inizio, è solo l'inizio!». Applausi dallo studio. Mah. A occhio, compagno Aboubakar, siamo più o meno alla fine. Certo, non dello stipendio da parlamentare...