Milano, il ladro marocchino di 12 anni si fa beffe dell'Italia: una storia assurda
Nome: Bilal. Età: 12 anni. Nazionalità: marocchina. Segni particolari: solo come un cane. Comincia così la carriera del più giovane ladro che Milano abbia mai avuto negli ultimi vent' anni. Con un nome e qualche dato anagrafico biascicati con indolenza davanti ai carabinieri che l'avevano fermato dopo i colpi di Genova e poi Torino. E la certezza che nessuna comunità per minori non accompagnati potrà mai rinchiudere la sua sete di fottere il mondo a colpi di ruberie. Quattro rapine in sette giorni, sette in due mesi (forse), la conta però è un mero esercizio aritmetico. È veloce come una faina Bilal e non teme niente. Si mimetizza tra la folla e si muove furtivo, adocchiando passanti e turisti di passaggio. L'Italia non sa ancora di lui che è arrivato col barcone. Ma lui sa già dell'Italia e come colpire. Infila mani nelle tasche, sfila gioielli e catenine, spintona i più riottosi. «Mi è saltato addosso da dietro, brancandomi il collo», racconterà una vittima scampata al ladruncolo.
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I COMPLICI
Bilal arruola complici a caso per mettere a segno i colpi, poi li molla al loro destino o li lascia andare via. Puntualmente viene fermato e portato nelle comunità che accolgono i tanti minorenni non accompagnati che dimorano nel nostro paese, e si infila nei portoni e nelle stanze di quei luoghi asettici già pregustando l'attimo e il pertugio da cui sguscerà via. La legge è chiara: non ci sono controlli e divieti nelle comunità per minori. E a quell'età non si è imputabili e non si finisce dentro. La tabella qui a lato racconta bene la realtà: 316 minorenni distribuiti nei penitenziari, 13.800 in carico ai servizi sociali. Fuggire dunque è uno scherzo da ragazzo. Ma è sul treno per Milano, all'imbocco del grande arco della Stazione Centrale che Bilal trova il suo Bengodi.
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La città dove tutto corre in fretta, e le sciurette camminano sui tacchi a spillo in attesa del taxi, è un tuffo in paradiso. Il battesimo meneghino avviene nell'elegante via Manzoni, sotto una Madonnina che lo guarda torva poi si gira dall'altra parte. È il 10 ottobre. Tra la folla che si muove svelta sui marciapiedi e sfila davanti ai negozi coi listini da capogiro, c'è un turista americano che indossa un Daytona da 27mila euro. Impossibile resistere a quel luccichio di ore. Bilal è una scheggia impazzita con un chiodo fisso nella testa, rubare un'altra volta. Dalla tasca estrae uno spray al peperoncino, lo spruzza sulla faccia del poveretto e gli sfila l'orologio dei sogni dal polso tremolante. Parapiglia, arrivano i carabinieri, bloccano Bilal che in modo maldestro tenta di liberarsi della refurtiva lanciandola sotto un'auto mentre il complice è già lontano e il turista ringrazia. Per il ragazzino invece ricomincia il rituale. Nome. Nazionalità. Età. Non ha documenti!!!. Ma come 12 anni?
Un numerino che ritorna sempre e lo rende impunibile e imprendibile. Ed è forse l'unica verità di questo adolescente un po' monello, un po' Pappillon, un po' Arsenio Lupin dei tempi moderni. L'esame osseo del polso accerta che ha davvero meno di 14 anni. Il resto è opera forse di inganno o di una frequentazione col crimine che ricorda certi personaggi di Gomorra. Non sai che è fuggito ancora dalla comunità finché non arriva il bollettino dei carabinieri. Stavolta siamo in via Lazzaro Palazzi, angolo Buenos Aires. È il 12 ottobre. C'è una ragazza che denuncia il furto di una catenina, «camminavo con un'amica ed è arrivato 'sto bambino e me l'ha strappata». «Ma mica era un bimbo, con quel fisico...», le fa eco un testimone. L'amica stavolta urla e sbraita e i passanti bloccano il ladruncolo.
UNA FURIA
In quel preciso istante comincia la sceneggiata. Bilal sembra posseduto. Calci. Pugni. Morsi. Davanti ai carabinieri che cercano di fermarlo, urla in un italiano stentato di essere tossicodipendente, di fare uso di Retrovil e di avere pure la scabbia. Lo portano all'ospedale San Paolo, la scabbia è vera, la dipendenza non si sa ma qualcuno ha visto dei buchi nel braccio. Viene ricoverato ed è inutile che speriate. Scappa un'altra volta. Le ultime due imprese di Bilal sono in piazza Duca D'Aosta, forse quella dove tutto è cominciato, compresa la sua infatuazione per Milano. 14 ottobre.
Due turisti giapponesi sono fermi nel piazzale, si guardano attorno, posano i trolley senza sospetto. Bilal si muove come un'ombra nella notte, più leggero di un fantasma, ruba la valigia in una manciata di secondi e poi conta il bottino: una telecamera, un cellulare, una carta di credito sottratta a un altro passante... si sente già i carabinieri addosso ma che importa. Scatta la procedura. Di nuovo la comunità e quel tentativo disperato di assegnargli il suo posto nel mondo. E arriviamo finalmente a ieri - epilogo o forse parentesi della storia da romanzo di questo giovane marocchino- quando le agenzie raccontano l'ultima fuga e l'ultimo furto. È il 18 ottobre sera. Stesso scenario: Milano, piazza Duca D'Aosta. Stessi attori: il ladruncolo, il turista, il carabiniere.
Come in un film di Charlie Chaplin il turista malesiano si ferma per 20,1 strada, si guarda attorno spaesato, il ragazzino con un complice libico si tuffa su di lui e gli sfila l'orologio da 300 euro. I carabinieri bravissimi e attenti fanno il loro mestiere un'altra volta, sono in zona che stanno arrestando due marocchini di 19 e 24 anni, acciuffare Bilal è un attimo. Ma che c'avrà di storto 'sto ragazzino? Il fuoco addosso? Di nuovo si aprono le porte della comunità, con le loro quattro mura bianche, la babele dei minorenni che vanno a letto alle 22 e domandano di quel tipo strambo e irrequieto. La politica fa il suo e commenta.
L'assessore ai servizi sociali di Milano Lamberto Bertolè parla giustamente dell'esigenza di affrontare questi casi limite «creando strutture qualificate e attrezzate che siano una via di mezzo tra le comunità educative classiche e quelle terapeutiche» e chiede di affrontare il tema dei minori stranieri non accompagnati - 1200 solo a Milano, un 10% di quelli su tutto il territorio - «perché occorre ridistribuirli» e Milano non può fare tutto da sola. Qualcuno invoca una famiglia affidataria, ma chi s' azzarda a prendere un 12enne scapestrato? Intanto Bilal è nella sua stanza che conta le ore e studia la fuga. Mentre tra i carabinieri corre già la voce: vuoi vedere che stasera lo riacciuffiamo?