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Talebani, il ricatto: "Pagateci o vi inondiamo di profughi". La manina di Erdogan?

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«O ci mantenete, o vi inondiamo di profughi». Più o meno è questo il tipo di minaccia in base al quale la Ue ha annunciato un pacchetto da un miliardo di dollari di aiuti per l'Afghanistan e Paesi vicini, pur senza ancora offrire alcun riconoscimento diplomatico. E gli Usa aggiungeranno altri 300 milioni. Ovviamente, i Taleban non hanno detto proprio così. «Vogliamo avere una relazione positiva con tutto il mondo», sono le parole esatte che ha pronunciato il loro ministro degli Esteri Amir Khan Muttaqi, durante un evento organizzato in margine ai colloqui di Doha tra una loro delegazione e quelle di Stati Uniti e Unione Europea. «Crediamo in relazioni internazionali equilibrate. Crediamo che queste relazioni equilibrate possono salvare l'Afghanistan dalla instabilità». Cioè, evitare che l'Isis vi prenda il potere, e che milioni di persone si riversino all'estero. 

 

 

 

Vista la conclamata incapacità dei Taleban a gestire uno stato moderno, in realtà non è neanche una minaccia, ma una mera constatazione. D'altra parte anche il governo da loro abbattuto si sosteneva grazie all'aiuto internazionale. Se il ritiro doveva avere lo scopo di risparmiare ai contribuenti Usa e europei di mettere soldi in un pozzo senza fondo, dunque, la figuraccia è stata inutile. La speranza al massimo è che le vite di occidentali non siano più in pericolo e che senza dover sostenere pure le spese militari il costo sia un minimo più contenuto. Il problema è che mentre lo sforzo di edificazione di una democrazia in Afghanistan dava alla spesa un minimo di senso di investimento, il modo in cui i Taleban sembrano tuttora incapaci di mantenere le loro promesse di apertura rischia di rendere lo stanziamento a fondo perduto. Alla vigilia del G20 straordinario sull'Afghanistan sotto presidenza italiana che a Roma martedì ha seguito gli incontri di Doha, il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha ammesso che i Taleban hanno tradito le loro «promesse» sui diritti delle donne. «Sono particolarmente allarmato nel vedere le promesse fatte alle donne e alle ragazze afghane dai talebani che vengono tradite», ha detto. «Faccio un forte appello ai talebani a mantenere le loro promesse alle donne e alle ragazze e a rispettare i loro obblighi derivanti dal diritto umanitario internazionale». 

 

 

 

La Ue ha tenuto per questo a sottolineare che si trattava di un intercambio informale, a mero livello tecnico. Appunto, senza riconoscimento del governo a interim, e cogliendo l'occasione per «affrontare temi come la necessità di un governo inclusivo in Afghanistan, corridoi per gli afghani che vogliono lasciare il Paese, l'accesso agli aiuti umanitari, la tutela dei diritti umani, inclusi quelli delle donne e delle minoranze e la necessità di evitare che i terroristi usino il suolo afghano per minacciare Paesi terzi». Però il "ministro degli Esteri" della Ue Josep Borrell ha ammesso anche lui che la diplomazia europea vuole evitare che l'Afghanistan affondi. «Non possiamo accontentarci di guardare e aspettare. Dobbiamo attuare, e rapidamente». Anche Di Maio ha detto di aver «chiesto di aumentare i fondi per la cooperazione in Afghanistan per aiutare i civili». Di ciò il ministro degli Esteri dice di avere discusso a New York con Guterres. «Dobbiamo trovare un meccanismo per finanziare lo Stato senza dare soldi ai talebani, per evitare che abbia un tracollo economico», ha aggiunto. Un po' la storia della capra e dei cavoli da salvare assieme. 

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