Milano, l'immigrato sbarca a luglio e stupra ad agosto. Violenza sessuale al San Raffaele, il simbolo del fallimento della Lamorgese
Lo scorso luglio era sbarcato a Lampedusa, e appena un mese più tardi si trovava a Milano, senza permesso di soggiorno, a stuprare un'infermiera di 25 anni per la strada. Ma il 31enne egiziano, accusato della violenza sessuale compiuta il 9 agosto scorso nei pressi dell'ospedale in cui lavora la vittima - il San Raffaele -, è stato arrestato ieri dopo una meticolosa indagine svolta dalla Squadra Mobile e coordinata dalla procura milanese. Il clandestino avrebbe approfittato della città deserta alle prime ore del mattino in piena estate, per sorprendere alle spalle la giovane che stava andando a lavorare. La 25enne, infatti, come ogni giorno era scesa alla fermata della metropolitana più vicina all'ospedale - quella di Cascina Gobba - e intorno alle 6.30 aveva imboccato a piedi la strada più breve per raggiungere il reparto.
Tutto come sempre. Ma è stato in quel momento che l'egiziano avrebbe deciso di trascinarla in un incubo che cambia la vita, senza alcuna ragione oltre a quella di abusare di lei. Vedendola semplicemente passare, l'uomo l'avrebbe "scelta", per poi avventarsi sulla donna senza esitazioni, afferrandola da dietro e spingendola in uno scavo utilizzato come incrocio per le tubature.
DENTRO UNA BUCA - È stato lì, dove non poteva essere vista né udita da nessuno, che la 25enne è stata violentata. Un elemento che senz' altro ha giocato a favore dell'extracomunitario è che l'area in cui i due si sono tragicamente incrociati, seppur solitamente parecchio frequentata dai lavoratori della zona, si trova accanto ad un cantiere, motivo per cui c'era quella buca - nella quale, peraltro, il violentatore è rimasto fino a qualche minuto dopo lo stupro. Non appena lui l'ha lasciata andare, la ragazza si è precipitata al posto di lavoro, dove ha raccontato alle colleghe ciò che le era appena accaduto. Sotto choc, inizialmente sembrava determinata a non sporgere denuncia. Ma proprio le altre infermiere sono riuscite a convincerla, facendo sì che alla fine la 25enne rendesse possibile l'arresto dell'egiziano. Quello stesso pomeriggio, quindi, la giovane si è presentata presso la clinica Mangiagalli di Milano, dove i medici hanno accertato la violenza e poi inviato una segnalazione alla procura. A quel punto hanno preso il via le indagini della quarta sezione della squadra mobile guidata da Marco Calì che, attraverso telecamere, celle telefoniche e confronti del Dna, sono riusciti a ricostruire precisamente l'episodio e a risalire al responsabile. Sul luogo della violenza, ispezionato dalla scientifica immediatamente dopo la notizia di quanto accaduto, sono state rinvenute tracce di materiale biologico, ma il recentissimo arrivo in Italia dell'egiziano - durante il quale era stato semplicemente fotosegnalato - ha fatto sì che quel Dna non trovasse alcuna corrispondenza nel database nazionale. Così gli investigatori sono passati alle analisi delle telecamere di videosorveglianza presenti nella zona, attraverso un lavoro che, frammento dopo frammento, ha richiesto tanto tempo e una notevole precisione. Ma proprio da questo esame, a un certo punto, è comparsa l'immagine di un uomo con il volto coperto dalla mascherina, e il responsabile dello stupro è stato quindi individuato. Non trovando alcun indizio utile nell'analisi delle celle telefoniche - poiché l'utenza giusta era intestata a un prestanome - gli investigatori della Mobile sono riusciti a risalire alla comunità di richiedenti asilo politico di cui faceva parte anche il 31enne, avvicinandosi ancora di più all'egiziano.
FERMATO IN PERIFERIA - Il passo decisivo è stato quello fatto due giorni fa, quando è stata accertata la corrispondenza tra il Dna trovato nel luogo della violenza e quello presente su un oggetto usato dall'uomo. Così l'egiziano è stato definitivamente inchiodato. Rintracciato ieri mattina in un appartamento nella periferia Nord di Milano - in zona Dergano -, dove viveva con altri dieci extracomunitari, è stato quindi arrestato. Dopo l'esecuzione del fermo, la procura milanese ha trasmesso all'ufficio gip la richiesta di convalida e l'applicazione della misura cautelare, ma appare piuttosto scontato che il destino del 31enne, arrivato in Italia all'inizio del mese scorso, sarà quello di rimanere in carcere.