Sondaggi, l'Europa guarda a destra e il Pd a migranti e barconi. Perché Letta rischia il crollo
La prova che la maggior parte degli elettori del Partito democratico vive in una bolla ad alto costo al metro quadro e non afferra il problema dell’immigrazione, che altrove i socialisti hanno invece capito bene, è in uno studio di 27 pagine pubblicato pochi giorni fa dalla Fondation pour l’innovation politique.Questo prestigioso pensatoio francese, liberale ed europeista, ha sondato le idee degli elettori di ventiquattro partiti, di ogni orientamento, in Francia, Germania, Regno Unito e Italia. Inclusi il Partito comunista e il Partito socialista francese, Die Linke, Spd e Verdi in Germania, i Laburisti nel Regno Unito e i nostrani Pd, M5S e Italia viva. Il meglio e il peggio della sinistra, insomma.
Alla domanda «Cosa deve fare il vostro Paese riguardo all'immigrazione?», in ventitré casi la maggioranza degli interpellati ha risposto che esso deve «Fare di più per chiudere i confini». Vale per gli elettori di tutte le sigle di destra, di centro e progressiste. Tranne una. Questa anomalia europea sono gli elettori del Pd, unico gruppo nel quale la risposta prevalente è: «Il mio Paese deve fare di più per aprire i propri confini». Tra loro, quelli convinti che in Italia debbano entrare più immigrati sono 46 su 100; il 25% dice che le cose vanno bene così e solo il 29% auspica che si serrino meglio le frontiere.
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L'opinione generale degli italiani è opposta, ovviamente: il 54% chiede al governo un controllo più stretto dei confini e nelle quattro democrazie, complessivamente, a pensarla così è il 56% dei cittadini. In media, sempre nei quattro Paesi, 6 cittadini su 10 condividono l'asserzione per cui «ci sono troppi immigrati nel nostro Paese». Non è l'unico dato interessante. Argomento dello studio, come riassume il titolo, è «La conversione degli europei ai valori di destra». Secondo la fondazione parigina, infatti, stiamo assistendo ad «un cambiamento storico nel continente europeo». Anche perché si parla di valori, non di partiti politici, e ciò rende il fenomeno più profondo, perché va oltre la simpatia che si può provare per un leader sulla cresta dell'onda o la tentazione di esprimere un voto di protesta.
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Quali sono questi valori? Oltre alla difesa dell'identità nazionale, da cui deriva l'atteggiamento nei confronti dell'immigrazione, ci sono la libertà d'impresa, l'individualismo, il rifiuto dell'assistenzialismo. La maggioranza (54%) dei cittadini dei quattro Paesi è convinta che, dinanzi alle difficoltà economiche, lo Stato «dovrebbe dare fiducia alle imprese e concedere loro maggiore libertà». C'è molta fiducia nel capitalismo privato, sebbene in misura inversamente proporzionale alla dimensione delle aziende. La fiducia nelle piccole e medie imprese è molto alta (74%), tanto che queste si collocano tra le istituzioni ritenute più affidabili; viceversa, la fiducia verso le grandi imprese, pubbliche (45%) o private (44%), resta minoritaria.
L'ecolo gismoapocalittico e la decrescita economica, che tanti predicatori trovano nei media e sul web, non sembrano attecchire nelle teste degli europei. Secondo il 76% dei cittadini delle quattro democrazie esaminate, si può benissimo «continuare a sviluppare la nostra economia preservando l'ambiente per le generazioni future». Gli italiani (84%) sono la popolazione in cui questa convinzione è più diffusa. C'è fiducia nelle capacità del singolo, tanto che «l'individuali. smo, sia a destra che a sinistra, è elevato al rango di norma sociale». L’80% degli intervistati è convinto che «le persone possono cambiare la società attraverso le loro scelte e azioni» e più dellametà (55%) ritiene che «i disoccupati potrebbero trovare lavoro se davvero lo volessero». Di conseguenza, non sono apprezzati gli interventi assistenziali in favore di chi non fa nulla: il 71% condivide il giudizio per cui «molte persone riescono a ricevere prestazioni sociali alle quali non hanno contribuito».
Tirandole somme, non stupisce che oggi, in tutti i Paesi esaminati, la maggioranza si autoposizioni a destra. In Italia più che altrove, visto che il 44% dei nostri connazionali si definisce di destra e solo il 31% di sinistra. Si colloca a destra pure il 40% degli inglesi (contro un 25% di sinistra), il 38% dei francesi (24% di sinistra) e il 36% dei tedeschi (26% di sinistra). Smentito, infine, il mito secondo cui gli anziani pendono a destra mentre i giovani sono più inclini alle idee progressiste. I dati raccolti dallo studio dicono che, nei quattro Paesi, anche le nuove generazioni tendono a definirsi più di destra che di sinistra. In una scala che va da 0 (estrema sinistra)a 10 (estrema destra), il 41% dei giovani tra i 18 e i 24 anni e una identica percentuale di chi ha tra i 25 e i 34 anni si è collocato tra 6 e 10: «Un livello paragonabile a quello della fascia d’età degli ultra65enni (40%), ma superiore di 5 punti a quello della fascia d’età compresa tra i 50 e i 64 anni (36%)».
Il succo del discorso è che oggi, in Italia e in Europa, i partiti di sinistra risultano messi male, perché spinti da credenze disallineate rispetto a quelle della collettività, e domani potrebbero ritrovarsi peggio. A meno che – s’intende – quegli stessi partiti non cambino e facciano propri alcuni valori della tradizione conservatrice e liberista. Non sarebbe così strano, è ciò che fece il leader laburista Tony Blair nell’Inghilterra riplasmata da Margaret Thatcher, e che provò a fare Matteo Renzi quando era segretario del Pd. Intenzione che oggi, però, non sembra appartenere né a Enrico Letta né ai suoi colleghi di partito, a giudicare dalle loro uscite ultraortodosse in materia di immigrazione, economia e tutto il resto.
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