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Immigrazione, il piano dell'Europa per bidonare Mario Draghi: retroscena, premier gabbato e illuso?

Lorenzo Mottola
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Per rendersi conto di quanto i governi Ue ritengano urgente affrontare la crisi migratoria post-pandemia bastava leggere il programma del Consiglio Europeo straordinario iniziato ieri sera a Bruxelles. La pratica non era neanche stata inserita in agenda, fino all'intervento di Mario Draghi. Alle 19,30 di ieri i capi di stato dell'Unione si sono riuniti per una cena di lavoro all'Europa Building e per due giorni si sarebbe dovuto discutere solo di campagna vaccinale, rapporti con la Russia e di clima. Ovviamente tutto il piano è stato stravolto dal dirottamento organizzato dalla Bielorussia di un volo Ryanair sul quale si trovava un giornalista dissidente del regime di Lukashenko, trascinato in patria e arrestato. La priorità è diventata l'accordo per le sanzioni a Minsk. L'Italia, tuttavia, non intende rinunciare al suo primo obiettivo in questo summit: l'immigrazione. Già in apertura il presidente del Parlamento Ue David Sassoli, dopo un incontro con Draghi, ha introdotto il tema: «Salvare vite umane è un obbligo giuridico e morale e non possiamo lasciare questa responsabilità solo alle Ong», ha detto il politico Pd, «dobbiamo tornare a pensare a una grande operazione comune dell'Unione europea nel Mediterraneo che tolga terreno ai trafficanti». Un piano che al momento risulta velleitario, vista la netta opposizione di buona parte degli Stati della comunità, ribadita anche ieri nel corso dei primi colloqui.

 

 

 

Per di più, bisogna capire quali potrebbero essere gli effetti. In passato schierare navi militari di Paesi europei si è dimostrato un clamoroso autogol: sono diventate calamite per i barconi. Ripetere l'esperienza sarebbe per molti un errore. Salvataggi a parte, l'Italia intende provare a trovare un accordo per la redistribuzione dei migranti. I dibattiti andranno avanti per tutta la giornata di oggi. L'esigenza è quella di dare un seguito ai fallimentari "accordi di Malta", con i quali il governo Conte-bis pensava di essere riuscito a introdurre dei meccanismi automatici per trasferire una quota dei profughi sbarcati in Italia nel resto della Ue. Il veto del blocco di Visegrad (Polonia e Ungheria in testa) ha impedito fino a oggi l'applicazione di qualsiasi tipo di ricollocamento forzoso di immigrati. E anche per quanto riguarda Paesi più concilianti, come la Francia, resta un malinteso: Parigi ha sempre detto che accetterà di accogliere soltanto persone con diritto d'asilo, non i cosiddetti migranti economici, che sono in effetti l'80% di quanti arrivano in Italia.

 

 

 

Obiettivo minimo

Si punterà quindi a un obiettivo meno ambizioso, ovvero quello di riattivare almeno le redistribuzioni su base volontaria che sono state interrotte con l'inizio della pandemia. Probabile che la Germania accetti di accollarsi una parte dei nostri profughi e forse qualche altro Paese seguirà l'esempio. Pare del tutto evidente, però, che un simile meccanismo possa funzionare solo con numeri estremamente ridotti. E le premesse sono tutt' altro che buone per quanto riguarda i traffici nel Mediterraneo. Rispetto a due anni fa gli sbarchi sono decuplicati. La missione di Draghi, insomma, rischia di terminare con un mezzo nulla di fatto. L'obiettivo sarebbe quello di preparare un accordo per il prossimo Consiglio europeo, che si terrà a giugno. L'Italia certamente troverà dalla sua parte Spagna e Grecia, cui tocca affrontare i flussi da Marocco e Turchia. Oltre ovviamente a Malta. Si discute di un "patto per le migrazioni", che preveda oltre alla riforma del trattato di Dublino anche la creazione di un'Agenzia europea per l'Asilo. Su quali possano essere i tempi, però, nessuno ha certezze. «Per ora Draghi non otterrà nulla di più di un'approfondita riflessione», è la voce che gira a Bruxelles. Praticamente una pacca sulla spalla.

 

 

 

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