Nel nostro bellissimo e assai ipocrita Paese non esiste cristiano (in questo caso si può ancora dire) che non abbia fatto un selfie col Papa. Ce ne siamo accorti in questi giorni: Francesco - cuore grande - ha concesso più scatti di Valeria Marini e i suoi fan non hanno fatto nulla per nasconderlo. «Mi mancherai tanto Francesco» e zac!, ecco bella e pubblicata su Instagram la foto col Pontefice, magnanimo e costretto al sorriso. I più coraggiosi hanno aggiunto anche hashtag visionari: #paponemio #ioefrancy #orgoglioBergoglio. Ma non è questo il punto.
Il punto è che in Italia ci sono più foto col Papa che italiani praticanti. Stiamo esagerando? Neanche per idea. E però viviamo in una condizione di ipocrisia collettiva che ci porta a mostrare costernazione con la mano destra mentre la sinistra arrostisce succulente costolette d’agnello (lunedì era pur sempre Pasquetta). In questo bailamme ci mancava solo il calcio, da sempre moltiplicatore di polemiche, cattiveria, deliri assortiti. La questione “partite da spostare per onorare il funerale del Papa” ha reso le ultime ventiquattro ore grottesche. Per intenderci: nemmeno Sorrentino si sarebbe immaginato lo scenario apocalittico “Fedeli vs. Viminale vs. Lega Calcio vs. Club di Serie A” che, invece, si è prontamente materializzato nella giornata di ieri.
E spieghiamo. A un bel punto i fedeli quelli veri e senza selfie - pretendono che venga osservato il doveroso rispetto nel giorno del funerale, il Viminale risponde sospendendo ad minchiam (cit.) tutta la giornata sportiva da Aosta a Lampedusa, a quel punto la Lega Calcio si mette in mezzo per accontentare da una parte i politicanti e dall’altra i club coinvolti. Nel caso specifico, l’Fc Internazionale.
LA CHAMPIONS L’Fc Internazionale mercoledì prossimo si gioca l’andata della semifinale di Champions League a Barcellona, una partita di cartello. Gradirebbe giocare di sabato alle 18 come da programma, ma non può per tutto quello che già sapete. Il Viminale impone il match alla domenica o in altro giorno, ma guai a giocare di sabato 26, anche se a 600 chilometri di distanza e dieci ore dopo la funzione. Il resto delle cose- andare al cinema, a un concerto, in balera, alla manifestazione- si possono fare, ma la partita di pallone no, ci vuole rispetto. Ne nasce un braccio di ferro devastante, con l’Inter che prima prova ad ottenere una deroga, per un attimo la ottiene («si gioca sabato sera alle 20.45!»), ma infine lascia perdere per evitare ulteriore caos e accetta la nuova collocazione: domenica 27 alle ore 15.
E così Inter-Roma, Como-Genoa e Lazio-Parma vengono riprogrammate nel giorno di festa, e se per il match dell’Olimpico la decisione ha un senso per evidenti motivi, il resto è frutto di una mentalita moltissimo “italiana”, quella di uno Stato laico nelle intenzioni, ma timorato nei fatti anche oltre la stessa logica. Cioè, abbiamo parlato per giorni del “Papa che amava lo sport” e nel giorno del suo addio... gli togliamo lo sport. Boh. Ecco, sì, la domanda sorge spontanea: cosa avrebbe detto lo sportivo Francesco osservando tutta questa sceneggiata tipicamente italiana? Difficile dirlo, di sicuro si sarebbe fatto una risata grassa, la stessa che nelle ultime ore riempie le bocche del resto del mondo («son proprio italiani...»).