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Sara Curtis, "scolapasta in testa": l'impensabile segreto della nuotatrice

di L. P. venerdì 18 aprile 2025

3' di lettura

“Che giorni sono stati? Incredibili, io e sua madre Helen ce lo aspettavamo, ma stare in mezzo al tifo, ai complimenti che non vanno a noi, agli applausi. Vederla firmare gli autografi ai bambini mi ha commosso”. Commenta così Vincenzo Curtis nell’intervista a La Stampa, ovvero il papà di Sara Curtis che a Riccione, pochi giorni fa, ha stabilito due record nazionali che le sono valse la qualificazione ai Mondiali nei 50 e nei 100 stile libero (rompendo il record di Federica Pellegrini). “Sara è sempre grata di averci vicini — sono le parole di papà Curtis — Tra il pubblico, nelle gare che contano, si crea un'energia enorme. È una figlia splendida e non ci saremmo mai persi la sua consacrazione”.

Parole di elogio alla famiglia (“Grazie ai miei genitori per come mi hanno fatto crescere”) Sara le aveva dedicate dopo il trionfo di Riccione, un po’ come Jannik Sinner con la sua. Il fatto è che “noi familiari sembriamo le eccezioni, per questo approccio che non preme sulla competizione sfrenata, nel rispetto della crescita: dovrebbe essere normale”, ha detto a riguardo padre. Per crescere la nuotatrice “abbiamo fatto dei sacrifici, li fanno tutti i parenti consapevoli — ha aggiunto — L'amore e il sostegno sono spontanei. I risultati di Sara sono sempre stati eclatanti, però abbiamo fatto le stesse cose per suo fratello maggiore che nuotava e ha smesso. Siamo orgogliosi di lui che fa l'elettricista ed è felice del suo lavoro quanto di Sara che a luglio va ai Mondiali di nuoto a Singapore. Conta la realizzazione”.

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La prima volta di Sara a nuoto è arrivata a due anni e mezzo: “Tutti in ansia perché ne sarebbero serviti tre, invece l'acqua è stata da subito un’amica — ha raccontato Vincenzo — Finché l'istruttore, sembrava più un animatore, le ha messo il scolapasta in testa per farla familiarizzare con le sensazioni giuste. Ai nostri tempi ti buttavano nella piscina gelata, oggi per fortuna abbiamo abbandonato metodi spartani”. Perché, secondo l’uomo, “il nuoto deve essere un posto più semplice allora, ci siamo sempre sentiti al sicuro e l'ambiente è stupendo”.

Famoso è anche il rito della collana consegnata da Sara al tecnico, Thomas Maggiore, prima di ogni gara: “Sì, comprato su una bancarella nel quadrilatero di Torino — racconta Vincenzo — Un ciondolo a forma d'Africa, anzi due: uno per la mamma”. Proprio il posto dove l’uomo ha conosciuto sua moglie, “tra le bancarelle di frutta”, per poi dare la luce a due figli a Savigliano: Sara e Andrea. Sugli episodi di razzismo: “Se (i due figli, ndr) li hanno vissuti, se li hanno risolti da soli. Ma sono cresciuti in provincia, in paesi che sono isole felici”. 

E pensare che Sara, a 12 anni “voleva fare ginnastica artistica, ma poi è rimasta in piscina. È cresciuta dopo le altre, era esile, aveva freddo, le serviva la muta: quando ha visto le compagne allungarsi e se le è trovate davanti è stata dura, ha resistito. Sua madre l'ha aiutata: ‘Guarda che se vinci vai in tv’. E alle prime garette di provincia Sara ritagliava le foto dei giornali locali e le appiccicava al muro della stanza”. Il difetto “è la testardaggine, decide prende e va. Abbiamo avuto diverse discussioni, anche alzato la voce. Persino nel disaccordo ha sempre ascoltato, mi colpisce. Mi è capitato di chiederle scusa. Ormai sono io che imparo da lei”.

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