Il Milan sembra intenzionato a ingaggiare Igli Tare come direttore sportivo - il condizionale è d’obbligo quando si parla dei rossoneri - per avviare i lavori prima di luglio, ma questa volontà si scontra con l’orgoglio dello stesso Tare che non vuole essere scelto solo perché è l’unico della lista libero da un contratto e quindi disponibile subito: vuole giustamente essere ingaggiato con convinzione e avere i poteri che un direttore sportivo dovrebbe avere. Dunque il Milan sta virando verso Tare per accorciare i tempi ma è comunque in ritardo: ad aprile inoltrato, un ds dovrebbe essere già operativo, soprattutto se c’è da ricostruire un patrimonio. E poi Tare era già stato scelto mesi fa, solo che la scelta l’aveva compiuta Ibrahimovic in solitaria, proponendo l’albanese direttamente a Cardinale, ma secondo Furlani non ne aveva titolo essendo consulente di Red Bird e non amministratore delegato del Milan. E allora Furlani è andato fisicamente- a New York a riprendersi ciò che era suo.
Lì è iniziato il ping-pong. Dal «no, grazie» di Berta che ha preferito l’Arsenal al “sì” di Paratici rettificato quando ci si è resi conto che non era il caso, fino al capire se D’Amico, Sartori e Manna erano disponibili a lasciare rispettivamente l’Atalanta, il Bologna e il Napoli (no, non lo erano) e infine al rispolverare Tare proposto da Ibrahimovic mesi fa. Un bel giro per tornare al punto di partenza? Di certo non il modo migliore di approcciare un nuovo dirigente, ma tant’è. Il Milan è fortunato che Tare conservi l’intenzione di esserne direttore sportivo, altrimenti non si sarebbe sottoposto a un colloquio di quattro ore.
È un matrimonio che s’ha da fare e la prudenza delle parti fa parte del gioco: il punto è evitare di spezzare la corda e rimanere senza alternative valide. Furlani vuole far vedere che sta ponderando la scelta, a differenza di quel che avrebbe fatto Ibrahimovic, più istintivo, più rock&roll, per dirla alla sua maniera, e Tare vuole le garanzie sul suo ruolo e sul rispetto del perimetro da parte dei colleghi. Ciò detto, in quattro ore di cose se ne dicono, quasi ci si programma una stagione intera. Verrebbe quasi da dire che Tare si è già messo al lavoro, delineando ciò che farebbe lui una volta eletto. Si è parlato del contratto, segnale di chiare intenzioni: l’idea di Furlani è proporre un biennale con opzione sul terzo anno mentre l’ex Lazio gradirebbe quantomeno un triennale sicuro.
Si è parlato di giocatori? Solo a livello macroscopico perché non si fanno i conti senza l’oste, ovvero l’allenatore. Ecco, si è parlato di quest’ultimo perché è la decisione più importante da prendere - e così come si è in ritardo sul ds, lo si è anche sul tecnico. Su questo punto il Milan fatica a mollare la presa: vorrebbe scegliere il mister a prescindere dal ds mentre qualsiasi ds del mondo vorrebbe scegliere l’allenatore con cui lavorare. Tare vuole Allegri in panchina. Non che non apprezzi Italiano e De Zerbi ma restano alternative, anche perché andrebbero convinti a lasciare i rispettivi club.
Allegri è il candidato fortemente consigliato da Tare, velatamente imposto. Perché? Facile: il ds albanese vuole un uomo forte dalla sua parte, uno con le spalle larghe che potrebbe spalleggiare il nuovo arrivato in caso di promesse venute a mancare circa il rispetto dei confini di ogni carica dirigenziale. In più, Allegri 1) non vorrebbe stravolgere la squadra e 2) è percepito come un allenatore che arriva per arrivare al risultato, non per costruire un'identità elaborata. Queste due cose aiuterebbe Tare a 1) condurre un mercato di qualità, più che di quantità e 2) a dividere le responsabilità per i risultati del prossimo anno.