Come mai un procedimento che si trascina da anni, quello sulle scommesse da parte di alcuni calciatori della Nazionale e della serie A, esplode proprio alla fine del campionato? L'indagine della Procura di Milano che questa settimana ha avuto, come era facilmente prevedibile, una grandissima eco sui media nasce da una inchiesta originariamente aperta a Torino in piena pandemia e poi trasmessa per competenza, agli inizi del 2024, nel capoluogo lombardo. Leggendo il provvedimento con cui la giudice milanese Livia Castellucci ha disposto l’altro giorno il sequestro preventivo delle somme illecitamente percepite dai gestori delle varie piattaforme online illegali di scommesse e di poker, si scopre infatti che già nel 2022 gli inquirenti avessero ben chiaro come funzionasse il “sistema”. I principali soggetti coinvolti erano stati tutti da tempo interrogati dalla guardia di finanza, fornendo ampi riscontri alle ipotesi accusatorie.
Una premessa è d’obbligo: i giocatori, senza i quali verosimilmente questa inchiesta sarebbe finita nelle brevi di cronaca, non hanno mai scommesso sui risultati delle partite dove erano protagonisti. Le loro scommesse hanno sempre riguardo altre discipline sportive e, appunto, il poker. Aver partecipato a giochi non autorizzati dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli prevede una sanzione alquanto blanda, il cui importo è di poco superiore a quello di una contravvenzione per un divieto di sosta in una area pedonale.
Trattandosi di scommettitori-calciatori potrebbe esserci un risvolto di tipo disciplinare, di competenza della giustizia sportiva. Ma comunque è tutto da vedere. Perché, allora, dare così tanta visibilità ad un procedimento che rischia di creare grandissimi danni alla cd “industria del calcio”? Allegando agli atti d’indagine, ad esempio, molti dettagli come le chat fra i calciatori che non hanno valore probatorio ma servono solo ad alimentare il gossip?
Il “pallone”, va ricordato, è molto importante per l’economia del Paese, sia in termini di ricavi, posti di lavoro, che di contributi fiscali. Ogni anno il calcio, mediamente, genera circa 78 miliardi di euro di ricavi. I lavoratori impiegati nel settore sono quasi 130mila, oltre tre volte quelli del gruppo Stellantis, tanto per fare un confronto. Solo di tasse il calcio verso nelle casse dello Stato 1,4 miliardi di euro, in pratica lo 0,58% del PIL nazionale. Ma non basta: per ogni euro che lo Stato dà al calcio, lo Stato ne riceve 18. È di tutta evidenza, allora, il peso del calcio sulla nostra economia.
E come dimenticare, infine, che il 25 percento dei tesserati del CONI sono calciatori? L'indagine della Procura di Milano rischia di essere la classica slavina destinata a travolgere un settore importante per il Paese, influenzando anche la prossima campagna acquisti. Come si comporteranno le società nei confronti dei giocatori coinvolti? Ed il Ct della Nazionale? Scatterà la “linea dura”? Al momento nessuno ha preso una posizione netta. Vediamo cosa succederà nei prossimi giorni. Quando ci sono di mezzo i tribunali è però difficile sapere cosa accadrà. Speriamo che non si facciano troppi danni.