C’è una sola certezza nella lotta scudetto: con sei vittorie e un pareggio, l’Inter è campione d’Italia. Considerando il contesto di una squadra impegnata su tre fronti e con 13 partite (11 di Champions più 2 di Supercoppa, mentre le 3 di Coppa Italia al momento si pareggiano) in più nelle gambe rispetto alla rivale, non è affatto scontato. Ma non lo è nemmeno che il Napoli vinca tutte e sette le partite che restano, visto che non ne porta a casa due di fila da gennaio e ne ha vinte solo due nelle ultime nove. Il paradosso è che, pur essendo impegnate in stagioni praticamente opposte, Inter e Napoli accusano lo stesso sintomo: nei secondi tempi calano vistosamente e cercano di difendere quanto hanno conquistato nei primi. I nerazzurri sono pochi e, quei pochi che ci sono, sono in condizioni precarie. Per questo Inzaghi usa tutti i cambi: deve preservare, altrimenti faticherebbe ad averne undici disponibili. Per lo stesso motivo ha ordinato un cambio di approccio: partenza a mille per andare in vantaggio e possibilmente raddoppiare, sapendo poi che bisognerà soffrire. Conte invece da inizio anno non sfrutta le cinque sostituzioni perché ritiene che le riserve non siano all’altezza dei titolari e, non avendo bisogno di far rifiatare i primi, preferisce lasciare tutto com’è.
CONSEGUENZE
Ne paga comunque le conseguenze e le avversarie (vedi il Bologna, ma era già accaduto con Venezia, Como, Lazio, Udinese, Roma) ormai hanno capito che, resistendo nel primo tempo, possono ribaltare la situazione nel secondo. È per questo che il calendario è sì favorevole al Napoli (Empoli, Monza, Torino, Lecce, Genoa, Parma, Cagliari contro Cagliari, Bologna, Roma, Verona, Torino, Lazio, Como per i nerazzurri) ma non andrebbe utilizzato per comporre tabelle: è ancora un pezzo di carta. Non c’è nulla di anomalo in questa lotta scudetto. Le corse a due non sono mai volate verso i novanta punti e oltre ma sofferte maratone in cui ci si guarda e se uno rallenta lo fa anche l’altro per prendere fiato o rimandare l’esito nei metri finali, quando si va all-in con tutto ciò che rimane in corpo. Infatti ci si sta assestando su una quota tipica dei duelli: 83 punti. Questa la proiezione in base alla media attuale dell’Inter da 2,193 punti a partita, la più bassa degli ultimi cinque anni per lo scudetto. Per trovarne una inferiore bisogna risalire al 2019/20, anno della pandemia, quando la Juve di Sarri finì a quota 83, ma le ultime giornate furono viziate dal titolo già acquisito, fattispecie che difficilmente si riproporrà quest’anno. L’Inter può far impennare la quota in caso di rettilineo finale perfetto: con le sei vittorie e un pareggio di cui sopra chiuderebbe a 87 punti, uno in più del Napoli che può arrivare massimo a 86.