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Roberto Donadoni, la rivelazione: "Perché ho detto no al Milan"

di Leonardo Iannacci venerdì 4 aprile 2025

3' di lettura

Roberto Donadoni, lo sa che il mondo del calcio si chiede dove lei sia finito?
«Ah ah, mi viene da ridere. Sono qui a casa, sto benissimo e seguo il calcio che resta il mio mondo».

Ma che, da anni, l’ha dimenticata: non allena da 7 anni in Italia e da 4 all’estero.
«Per questo, mi creda, non mi faccio troppe domande. Anche perché ho capito, a 61 anni, come vanno le cose nel nostro calcio».

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E come vanno? Celo spieghi.
«I club fanno le loro scelte, legittime. E non è polemica la mia, ho avuto parecchie offerte, sa... Solo che le ho declinate».

Da chi?
«Beh, dal Cagliari. E poi un contatto con Adriano Galliani quando il Monza ha licenziato Nesta. Mi hanno cercato dall’estero».

Inghilterra?
«Anche. Tutte proposte che non mi piacevano. Se vado gradisco ci sia un programma, un progetto».

L’ultima volta in Cina, allo Shenzhen, ha fatto bene: poi?
«Sono arrivato, la squadra stava retrocedendo e ci siamo salvati piuttosto tranquillamente. Poi ho avuto divergenze col ds, un tipo incredibile poi finito in galera per traffici. Così sono venuto via».

L’ultima squadra allenata in Italia è stato il Bologna.
«Erano i primi tempi di Saputo presidente. La rosa era buonina ma nulla in confronto con quella attuale. E non c’era Sartori».

É lui il vero mago del Bologna.
«Sinisa, poi Motta e ora Italiano hanno aiutato a crescere il Bologna. Ma Sartori è lo chef che fornisce eccellenti ingredienti. Lo aveva già fatto al Chievo e all’Atalanta».

A Bologna ha allenato Orsolini, ora diventato Orsonaldo.
«Il mio Orso era giovane e non ancora sicuro dei propri mezzi che sono notevoli».

Lei è bergamasco: ci spiega cosa sta succedendo all’Atalanta? Il Gasp è all’ultimo ballo?
«Non lo so con certezza. In tutti questi anni esaltanti non sono mancati i momenti e le frizioni ma i risultati eccellenti lavavano tutto. Ora le cose si stanno inasprendo e, come nei matrimoni, si può arrivare al fine corsa».

Inevitabile con lei parlare del Milan che fa disperare i tifosi: lei è più deluso o arrabbiato?
«Essendo anch’io, e da sempre, tifoso del Milan dove ho giocato con i risultati che sapete, posso dire di essere immensamente deluso».

Colpa di chi?
«Con risultati così la responsabilità è di tutti. Tuttavia un club con Berlusconi presidente, Galliani ad e Braida re del mercato non sarebbe arrivato a questo punto».

Da fuori, il Milan sembra tatticamente il caos: giocatori senza ruoli e organizzazione.
«Eppure gli ottimi giocatori non mancano. Pulisic e Reijnders sono i primi nomi dai quali ripartire dopo un’annata così».

Leao: più croce che delizia?
«Uno con il suo talento va guidato. Forse chilo ha allenato quest’anno non lo ha facilitato».

Al Milan hanno allenato Leonardo, Inzaghi, Seedorf, Brocchi, Gattuso: perché lei non è stato mai contattato?
«Non è così: mi venne chiesto da Boban, e questo non l’ho mai raccontato: avevo già firmato per lo Shenzhen e rifiutai, sono un tipo che rispetta gli accordi».

Chi vince il campionato?
«L’Inter ha una rosa, con 2 giocatori per ruolo, e una coesione che fanno pensare non ci siano limiti».

Il giocatore che l’ha stupita in questo campionato?
«Il Thuram nerazzurro».

Il tecnico più sorprendente?
«Italiano, gran lavoro il suo».

Parliamo di nazionale: nel 2008 venne avvicendato perché era uscito dall’Europeo ai rigori con una Spagna sensazionale.
«Ma lei non sa che, anni dopo, mi venne offerta nuovamente la panchina della nazionale. Era il 2016, ero al Bologna e, come all’offerta del Milan, dissi di no».

C’è un Donadoni in serie A? Un giocatore che le assomiglia?
«Non esistono giocatori uguali ad altri. Siamo tutti pezzi unici».

Uno che ammira?
«Barella. In Nicolò avverto quel senso di appartenenza al club che, oggi, è una rarità».

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