Gigi Maifredi, 35 anni dopo si è rivisto in Motta? Arrivato alla Juventus per seminare trionfi, Thiago non ha mangiato la colomba a Pasqua, proprio come accadde a lei nel 1990. «La mia e quella di Motta sono state situazioni diametralmente opposte che hanno avuto in comune solo una cosa: la brutta fine».
Si spieghi meglio.
«Nel 1990, dopo l’allontanamento di Boniperti e l’arrivo di Luca di Montezemolo alla guida del club, venni scelto dopo Dino Zoff per cambiare il concetto di quella squadra. Solo che incappai in ostacoli impossibili da superare».
Sintetizzi.
«Tutti giornalisti erano bonipertiani e legati a Zoff che venne giubilato anche se aveva vinto una Coppa Italia e una Uefa perché la squadra si compattò attorno a lui quando seppe del mio imminente arrivo. Trovai un clima sfavorevole».
E tutto si sfaldò.
«Non subito: siamo stati primi in classifica, poi una trasferta a Genova contro la Samp ha cambiato il corso di quella stagione e la mia avventura alla Juventus. Fui io ad andarmene».
Differenze con Motta? «Lui è stato chiamato da John Elkann e Giuntoli per migliorare il gioco non i concetti di un club e di una squadra. Io dovevo smembrare il passato: rappresentavo il nuovo dell’epoca, la zona contro il vetusto gioco all’italiana».
Motta ha fallito pesantemente, però.
«Come il sottoscritto, è sbarcato a Torino pensando di essere un dio in terra e ha sbattuto la faccia».
Contro cosa, esattamente? Lo spogliatoio?
«Anche. Ma la società non lo ha certo aiutato».
Giuntoli?
«Soprattutto. Arrivato da Napoli, non aveva già aiutato Allegri lo scorso anno, anzi. Giuntoli ha dimostrato di non essere il diesse giusto per risollevare le sorti di una situazione che è via via peggiorata».
Ha lasciato affogare Motta?
«Sì. Per Thiago sarebbe servita una persona come Moggi nelle scelte di mercato. Ma Moggi aveva Giraudo come manager e Bettega come consigliere. Giuntoli ha voluto fare il manager e il diesse insieme».
E le crepe dello spogliatoio?
«Ci sono state ma molti spogliatoi hanno delle crepe. Ai miei tempi in parecchi erano nostalgici di Zoff. Non Baggino, eh...».
Il più grosso errore di Motta?
«Pensare che alla Juve si potesse allenare come a Bologna».
Ovvero?
«I giocatori del Bologna danno tutto anche perché sperano di andare in una big o all’estero. Alla Juve sono già in top class e li devi trattare come tali».
Ora è arrivato Tudor: soltanto un traghettatore?
«Penso di sì. La Juventus ha in mente un colpo grosso, ne sono certo».
Ovvero? Mancini?
«No, penso che punterà su un supertop: penso di non sbagliare a dire Guardiola, il migliore di tutti. Un uomo di calcio che qui a Brescia abbiamo conosciuto bene quando giocava e, poi, abbiamo apprezzato tutte le volte che passa in zona».
Guardiola ha il contratto con il City, però.
«Pep ha voglia di venire ad allenare in Italia, paese che ama. È l’unico campionato che non ha ancora vinto: in bacheca ha la Liga, la Bundesliga, la Premier. Gli manca lo scudetto».
Finirà alla Juve?
«Per me sì. Penso consideri la vecchia Signora l’eccellenza del nostro calcio».
Quindi Tudor è un allenatore a termine?
«È bravo ma se arriva Guardiola...».
John Elkann sta vivendo giornate malinconiche fra Juventus e Ferrari.
«Sì. Ma Guardiola per la Juve sarebbe quello che ha rappresentato l’arrivo di Hamilton a Maranello. Un numero 1».
E come cambierebbe la rosa della Juve di Guardiola?
«Diventerebbe ancora più tecnica perché Pep ama i giocatori di quel tipo. Al centro metterebbe Koopmeiners che non posso vedere vagare per il campo senza una direzione tecnico-tattica».
Vlahovic?
«Essendo il miglior centravanti del nostro campionato con Lautaro, sarebbe centrale nel gioco di Pep».
La difesa?
«La baserebbe sul recupero pieno di Bremer e su Gatti, un onesto granatiere necessario».
E poi?
«Terrebbe sicuramente Yildiz facendolo centrale nel suo gioco. E poi si porterebbe fedelissimi da tre -quattro Manchester. Ma in questo, il club dovrà dare una grossa mano».