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Federico Cinà, ecco come lo chiamava il giudice di linea: clamoroso, è davvero l'erede di Jannik Sinner?

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“Sinah”, così lo chiamava il giudice di linea la scorsa settimana, man mano che Federico Cinà vinceva quasi tutte le partite del Challenger di Hersonissos, in Grecia, fino alla finale persa contro Kuzmanov. È stata comunque un’apparizione sul palcoscenico, un trailer necessario alla saga cominciata in quel di Miami grazie a una wild card: questo ragazzo è forte e lo si sapeva già qui e lì, in Florida, dove sono sempre attenti a nuove storie da inserire nel torneo.

Solo che abbiamo imparato ad aspettarli questi campionicini, consapevoli che di Jannik Sinner ce n’è uno mentre gli altri è un attimo che si perdano via. Ce ne sono ovunque nel mondo di Gianluigi Quinzi, talenti purissimi avvelenati dalle pressioni, per cui cautela, calma, pazienza con “Sinah”, che poi è come chiamavano Jannik ai primi tempi, inglessizzando all’estremo Sinner. Sarà un caso? Facciamo finta che lo sia, per il momento.

 

TRATTAMENTO
Che poi a Miami gli arbitri hanno imparato la pronuncia, perché anche l’ultimo arrivato va trattato come si deve, e nei microfoni del campo periferico in quel di Miami risuonava un perfetto “Cinà”, mentre Federico battagliava con l’argentino Comesana e con i crampi fino al doppio 7-6 in un’ora e 50 minuti di gioco. Esordio nel circuito da 441 del mondo (prima del Challenger greco era 557) e vittoria. Roba da predestinati ma fate come se non l’avessimo scritto: Federico è l’ottavo più giovane giocatore in attività a vincere una partita di un Master 1000, il settimo è Zverev, il sesto è Jannik Sinner, che ci è riuscito soltanto 85 giorni prima. Entrambi comunque si sono palesati al mondo del tennis dei grandi prima di compiere i 18 anni. Ecco, nella classifica dedicata ai Next Gen, ossia ai giocatori che hanno meno di 20 anni, Federico si piazza al numero 14, ma quelli davanti sono più vecchi di lui e tutti già maggiorenni.

 

«Esausto ma felice» si dirà dopo il primo match nel circuitone Federico che in realtà per gli amici, e pure per papà Francesco, è solo e soltanto Palli da “pallina”, la sua passione da sempre. D’altronde con due genitori così, alla pallina dai del tu: papà è stato l’allenatore della Roberta Vinci che esattamente dieci anni fa compiva una delle imprese più grandi della storia dello sport italiano, battere Serena Williams a Flushing Meadows (nel box c’era pure il piccolo Palli), e ora è il suo allenatore, mentre mamma Susanna Attili è stata una doppista di livello.

Il regista Mikael Maria D’Alessandro in “Tennis Tales” su Instagram ha seguito i Cinà a Palermo la scorsa estate, freschi (per così dire, a Palermo c’erano quaranta gradi) di ritorno da Wimbledon, dove Federico fece da sparring partner a Lorenzo Musetti sul campo centrale alla vigilia della semifinale contro Djokovic. E mostra meravigliosi momenti degli allenamenti.

Si vede come papà Francesco riesce ad allenare suo figlio senza essere uno Tsitsipas e quali sono i pregi (tanti) e i difetti (pochi) di Palli: mentalità sinneriana, rovescio e servizio naturali, istinto a rete come forse nessuno in Italia, e un dritto su cui lavorare - c’è quell’apertura un po’ macchinosa da sistemare e si invita a sentire Vagnozzi, che ha fatto questo lavoro sul numero uno. Intanto da Dimitrov, avversario oggi al secondo turno, numero 14 del seeding e finalista della passata edizione a Miami (sconfitto da... Jannik, manco a dirlo), si può rubare qualcosa. Si deve. È così che si diventa grandi. È così che si diventa “Sinah”.

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