
Djokovic, Kyrgios e i ribelli contro Sinner. "Nole si è tirato indietro", un sospetto clamoroso

Il mondo del tennis ha registrato una scossa tellurica di livello alto e rischia una radicale frattura politico-sindacale: il cartello di giocatori denominato PTPA, creato nel 2020 da Djokovic, Kyrgios (sic...) e Pospisil, ha chiesto l’avvio di un procedimento giudiziario presso la Corte Distrettuale di New York contro ATP (l’associazione professionista maschile), WTA (quella femminile), ITF e ITIA (la magistratura del tennis). Le accuse sono pesanti.
Nel documento, peraltro scritto in modo dilettantesco e reso noto soltanto ieri, le attuali governance del tennis sono giudicate colpevoli di «limitare le possibilità di guadagno degli atleti», di aver ideato un «sistema di punteggio draconiano», di realizzare un «calendario insostenibile» e «tornei programmati undici mesi su dodici» all’anno con i giocatori «costretti a scendere in campo anche in condizioni estreme o alle 3 del mattino». Nei vari capi d’accusa persino la «diversità delle palline da una settimana all’altra». Sono contestate le ripetute violazioni del diritto alla privacy come nel caso dei test antidoping a sorpresa, e qui il riferimento alla nota vicenda Sinner è evidente. A proposito di Jannik, la PTPA lo ha attaccato frontalmente sul caso Clostebol, sostenendo che sia stato favorito perché «non si è mai espresso contro il cartello», ovvero gli organi governativi del tennis.
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DURA REPLICA
Dura la replica dell’ATP: «Rifiutiamo fermamente la premessa delle affermazioni della PTPA, riteniamo che siano completamente privo di fondamento e difenderemo con determinazione la nostra posizione. Per montepremi e prize money siamo venuti molto incontro ai tennisti».
Il fatto curioso emerso ieri per questa iniziativa della PTPA, è che il j’accuse è sì caldeggiato da tre dei suoi affiliati: da Pospisil, da Kyrgios e dalla cinese Zhang. Ma non dal personaggio principale che ha dato vita, cinque anni fa, a questa associazione alternativa alla WTA. Secondo l’autorevole magazine sportivo americano The Athletic il serbo ci ha pensato, ma ha poi preferito ieri non essere incluso «per non rendere una battaglia collettiva una battaglia diretta tra le organizzazioni tennistiche e il suo giocatore più rappresentativo». Insomma, il serbo avrebbe gettato il sasso ma poi ritirato la mano mandando avanti i colleghi meno celebri. Uno strano comportamento quello del 24 volte vincitore di Slam: forse scoperto un lato cerchiobottista di Djokovic?
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Nole o non Nole, la parola fine a questa spaccatura politica e sindacale del pianeta tennis sarà certezza soltanto fra mesi quando si esprimerà la Corte Distrettuale newyorkese e l’obiettivo principale della PTPA - ovvero ottenere un libero mercato con i giocatori proprietari di se stessi e non più dipendenti da Atp e Wta- verrà accolto oppure rigettato.
Nel frattempo da registrare il bla-bla di Kyrgios sulla vicenda: «Credo che da tempo la gente sapesse che qualcosa si stava muovendo dietro le quinte. Con altri tennisti sentivamo la necessità di agire per il futuro del tennis. So che tanti giocatori sono insoddisfatti, e lo sono anch’io, di ciò che sta accadendo in questo sport. C’è una denuncia di oltre 100 pagine che approfondisce la questione, ma preferisco non entrare nei dettagli. Ho cercato di essere coinvolto il più possibile in tutto questo, è un momento davvero speciale per il tennis». Sarà. Ma, ripetiamo, per ora Djokovic non sembra essersi accodato. Perché mai?
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