L’inchiesta in su Giacomo Tortu, il fratello di Filippo Tortu accusato di aver pagato un hacker per spiare Marcell Jacobs, continua a sollevare interrogativi e indignazione nel mondo dell’atletica italiana. Una vicenda inquietante, ovviamente. E ora tra le voci che si sono prestate a commentare la vicenda ecco quella, interessatissima, di Paolo Camossi, ex allenatore di Jacobs. Camossi in un’intervista a La Stampa ha rivelato il suo sgomento nel sapere di essere stato sotto osservazione per un anno e mezzo.
L’ex atleta e ora rientrato nel giro azzurro come responsabile del settore salti della Nazionale ha descritto come "un film" la scoperta di essere stato spiato. "Pensi sia impossibile, poi realizzi che per un anno e mezzo qualcuno ha guardato dentro la tua vita ed è un film. Al di là di quello che poi stabilirà la magistratura, mi resta il senso della totale assurdità", ha spiegato Camossi.
Il tecnico ha sottolineato come il successo olimpico di Jacobs abbia destabilizzato equilibri consolidati nell’ambiente dello sprint mondiale. "Jacobs ha fatto qualcosa di straordinario, ha cancellato certe gerarchie sportive e sociali, ha annullato anche qualche programma altrui", ha aggiunto riferendosi in particolare all'oro olimpico. Camossi ha poi ricordato come il velocista italiano provenisse da una realtà diversa rispetto ai campioni dell’epoca. "Non era calcolato e in un attimo, in 9 secondi e 95 e dopo addirittura in 9''80, ha rimosso quasi tutto quel che c’era prima di lui, tranne Mennea".
L’ex allenatore di Jacobs ha poi affrontato il tema della rivalità con la famiglia Tortu, alludendo in modo piuttosto chiaro alle tensioni latenti. "Non è semplice accettare che arrivi qualcuno di nettamente più forte e ti batta e non è scontato che l’intero movimento circostante apprezzi il progresso", ha aggiunto. Dunque un paragone con la propria esperienza di atleta: "Io in pedana, nei Novanta e Duemila, me la vedevo con Fabrizio Donato e l’agonismo era tremendo. A volte a fine gara ci si salutava, a volte ci si girava dall’altra parte. È lo sport". Ma, nel caso di Jacobs, la competizione sembra essere sfociata in un’azione ben oltre i limiti dell’etica sportiva. "Aspettiamo l'inchiesta, ma spiare è inaccettabile, è violenza" ha dichiarato Camossi con fermezza.
Uno degli aspetti più amari e indigeribili della vicenda riguarda il sospetto diffuso nei confronti di Jacobs dopo il trionfo olimpico: si diceva fosse dopato. Camossi ha ricordato il clima di diffidenza seguito alla vittoria in Giappone: "Quello che è successo a Tokyo ha fatto saltare tanti per aria. I Giochi li vincono gli americani e i giamaicani, si è inserito un italiano e ha dimostrato che con il lavoro giusto si raggiungono i sogni più impossibili. Non è andato giù". Secondo l’allenatore, alcune voci interne all’ambiente avrebbero alimentato le diffamazioni, cercando di mettere in dubbio la credibilità dell’atleta. "Tentativo maldestro", lo ha definito Camossi.
Alla domanda se intenda intraprendere azioni legali, l’allenatore ha confermato di aver dato mandato a un avvocato per valutare i prossimi passi. Nel frattempo, continua il suo lavoro nel settore salti della Nazionale, guardando ai Mondiali indoor di Nanchino. Ma questa vicenda di spionaggio, purtroppo, è appena iniziata.