
Formula 1, quanti milioni incassano Verstappen e Hamilton: le cifre folli pilota per pilota

Se permettete parliamo di soldi, in americano money, in napoletano “svanziche, valsente o guiderdone” (cit. il grande Totò). Perché la Formula 1 è anche, se non soprattutto, dollaroni fruscianti. Tanti, a giudicare da quello che balla attorno al Circus e a uno sport che ha acceso i motori la scorsa notte sulla pista di Melbourne con le prove libere del GP d’Australia (domani mattina diretta su Sky delle qualifiche alle 6, domenica della gara alle 5). Quello che muove la Formula 1 è impressionante, a partire dal budget-cap, ovvero il tetto delle spese imposte dalla Federazione a ogni team: dai 120 ai 130 milioni di euro.
Cifra che non comprende però il monte stipendi dei piloti che compongono la pattuglia di 20 driver. Complessivamente gli ingaggi di questi cavalieri del rischio ammontano alla cifra record di 275 milioni di euro così suddivisi: il più pagato è Max Verstappen, il quattro volte iridato della Red Bull che, fra stipendio e bonus vari, si mette in tasca annualmente 65 milioni di euro, più sponsor vari e introiti spremuti fuori dalla Formula 1. La coppia di piloti più costosa del lotto è però quella della Ferrari. Per gli stipendi di Lewis Hamilton e di Charles Leclerc l’ufficio paghe di Maranello evolve quasi un centinaio di milioni di euro così suddivisi: 60 per l’inglese sette volte campione del mondo (45 di ingaggio e 15 di bonus legati anche al suo ruolo di testimonial) e 30 per il Predestinato monegasco che ha fatto boom rispetto al suo stipendio di tre anni fa (6 annui).
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E questi i tre sono i più pagati. Alle loro spalle, distanziati, ci sono Lando Norris per cui la McLaren versa 20 milioni e il 44enne ma indomito Fernando Alonso che guida per l’Aston Martin cara a James Bond: 18 milioni per il due vuole iridato spagnolo. Seguono George Russel della Mercedes a quota 15 e l’ex ferrarista Carlos Sainz che, epurato da Vasseur, ha ottenuto dalla piccola Williams uno stipendio di 10 milioni, meno di quando prendeva a Maranallo. Pierre Gasly con 10 e Ale Albon con 8 precedono il veterano Hulkenberg (7) mentre il nostro Kimi Antonelli, debuttante con le Frecce d’Argento, si accontenta di 2. Il resto della truppa veleggia intorno a quella cifra e anche meno. Ma occhio, molti di loro sono i cosiddetti piloti con la valigia, non perché cambiano spesso team ma perché corrono pagandosi loro stessi l’ingaggio, cioè autofinanziandosi.
Poi c’è il discorso legato ai budget-cap, al tetto alle spese introdotto per contenere le spese dei team. Premessa: pochi lo sanno ma qui la Ferrari è avvantaggiata perché ogni stagione parte con un bonus di 100 milioni di dollari che chi governa la Formula 1 riconosce a Maranello quale unico team sempre presente nel Circus dal 1951. I budget-cap si aggirano, come detto, fra i 120 e i 130 milioni di euro e devono coprire le spese di costruzione delle monoposto, la produzione e gli imprevisti che capitano durante l’anno, compresi gli sviluppi se una macchina presenta difetti da correggere. E cosa hanno fatto due team furbetti non poco? Ovvero Red Bull e Mercedes? Per aggirare questo tetto sfruttando in modo assolutamente legale un’area grigia del regolamento, hanno dato vita a programmi interni paralleli ma non riconducibili all’attività della Formula 1. È il caso degli equipaggi per l’America’s cup (Alinghi per Red Bull, Ineos per Mercedes) che hanno consentito ai team di avere forza lavoro, tecnici e produzioni i cui costi non vanno sotto l’egida F.1 e non sforano il budget-cap. Fatta la legge, trovato l’inganno.
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