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Sinner, "la Wada ci ha provato due volte". Perché Jannik è l'unico a pagare

di Lorenzo Pastuglia giovedì 27 febbraio 2025

2' di lettura

Un patteggiamento neanche troppo lungo, considerando che la pena iniziale richiesta dalla Wada al Tas di Losanna era di uno-due anni. L’occasione è per prepararsi al meglio in vista di Roma, svolgendo una preparazione ad hoc “quasi da atletica leggera”, come disse il preparatore atletico Mario Panichi. Intanto da Montreal, in Canada, il portavoce James Fitgerald ha parlato con il Corriere della Sera spiegando che l’organismo ha avvicinato gli avvocati di Jannik Sinner in due occasioni.

La prima a fine gennaio e la seconda nei primi giorni di febbraio. Lì è partita la mediazione per l’agreement sui tre mesi, che è poi stato firmato venerdì 14.

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Nell’articolo del Corriere, Fitzgerald ha spiegato il perché della sanzione di soli tre mesi, nonostante una pena inizialmente richiesta più pesante: “La Wada si è resa conto che 12 mesi non sarebbero stati appropriati per un caso così particolare, derivato da circostanze molto specifiche (il riferimento è alla sostanza e alla quantità minima trovata nelle urine del tennista, ndr) — le sue parole — È per casi come quello di Sinner che l’articolo 10.8.2 del codice Wada è stato introdotto nel 2021”. Il patteggiamento soddisfa entrambe le parti: “Noi vediamo riaffermato il principio della responsabilità dell’atleta verso i membri del team, e l’atleta non riceve una sanzione indebitamente dura”, ha aggiunto il portavoce.

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Insomma, le parole dello statunitense fanno capire come Sinner sia l’unico ad aver pagato da questa sanzione. Nell’articolo viene spiegato anche che è stato l’ex preparatore Umberto Ferrara a portare negli Usa la sostanza vietata, riponendola nel bagno della sua camera nella villa condivisa di Indian Wells. Mentre l’ex fisioterapista Giacomo Naldi l’ha utilizzata senza le precauzioni richieste.

Anche loro, però, erano soggetti al rispetto del codice, come spiega l’articolo 2.9 del regolamento Wada: “Chiunque faccia parte dello staff di un atleta non deve ‘fornire assistenza, incoraggiamento, aiuto, istigare, dissimulare o favorire ogni altro tipo di complicità intenzionale o tentata complicità in riferimento a una qualsiasi violazione o tentata violazione del codice’”. E nemmeno (art. 2.6.2): “Possedere qualsiasi sostanza o qualsiasi metodo proibito, salvo che non lo giustifichi con un’autorizzazione terapeutica concessa all’atleta che assiste o altra valida motivazione”.

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Ma la Wada sostiene che le eventuali responsabilità dei due “sono di competenza dell’Itia o di Nado Italia”, la nostra Agenzia antidoping. Itia giudica e sanziona il “personale di supporto” nei casi di match fixing e corruzione, Nado tratta le violazioni del Codice. Al Corriere risulta che Nado abbia valutato la posizione di Ferrara e Naldi, ma non è stato aperto un procedimento perché, sulla base delle motivazioni del proscioglimento Itia, mancherebbe l’elemento dell’intenzionalità. Infine un pensiero sulla sanzione di Sinner, che sta scontando dal 9 febbraio. Jannik non rischia nulla per essersi allenato a Doha fino al 14, dato che “la sanzione non era ancora finalizzata”. Ma vede la fedina “sportiva” irrimediabilmente sporcata, e in caso di nuova positività arriverà una pena raddoppiata.

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