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Euro-flop del calcio italiano, ecco chi sono i veri colpevoli
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La cosa più sbagliata che si possa fare per analizzare l’italica e tragica due giorni di Champions è servire il minestrone: «Il disastro del calcio italiano!». Perché sì, è vero, dopo le eliminazioni di Milan, Atalanta e Juventus siamo messi parecchio male e tanti saluti al quinto posto per la Champions 25-26, ma è anche vero che si tratta di storie decisamente diverse. L’Atalanta di Gasperini ha sbagliato una partita. Succede. Una partita importante, per carità, che però non scalfisce minimamente dieci anni di scelte illuminate. L’applauso del pubblico bergamasco conferma che i tifosi sanno perfettamente da dove sono partiti, la reazione del club (Gasperini a parte) spiega benissimo che i milioni persi per la mancata qualificazione agli ottavi non saranno un grosso problema, anche perché la Dea nell’Europa del grano ci andrà pure l’anno prossimo.
Discorso diverso per le altre nobili del nostro calcio. Il Milan è una squadra potenzialmente fortissima, piena di giocatori importanti e, però, costruita male: troppe scelte sbagliate in estate, troppi rimescolamenti a gennaio. Nonostante tutto, con un po’ di fosforo in più, il diavolo aveva tutta la possibilità di fare strada in Europa. Sarebbe bastato evitare l’auto-flagellamento di Zagabria (espulsione di Musah, errore di Gabbia), quello di Feyenoord (papera di Maignan), il disastro totale dell’altra sera (follia di Theo). Gli errori dei singoli sono stati devastanti perché hanno spezzato le ali a un gruppo che somiglia al celebre scolaro: «Bravo, ma non si applica». Ora l’obbligo si chiama “rincorsa al 4° posto”, non solo per una questione di rispetto nei confronti dei tifosi, ma di ossigeno da immettere nelle casse dopo i mega-investimenti fatti tra estate e inverno. La buona notizia? Due anni di bilanci in positivo consentono - quantomeno dal punto di vista economico - di tamponare un’eventuale assenza dalla Champions 25-26.
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Poi c’è la Juve e il discorso si fa più serio. Il nuovo progetto targato Giuntoli-Motta prevedeva la possibilità che ci volesse del tempo per ingranare. Tradotto: lo scudetto era un sogno, non un vero e proprio obiettivo, e però è svanito troppo presto. Discorso diverso per il quarto posto che, invece, è un obbligo dal quale passa la riconferma del tecnico (e forse non solo la sua). Attualmente i bianconeri sono in zona “Europa che conta” a pari punti con la Lazio, ma devono fare i conti con una situazione psicologica non semplice: dopo gli “alti” toccati domenica sera grazie al meritato successo contro l’Inter, sono arrivati i “bassi” della partitaccia di Eindhoven. La squadra di Thiago ha messo insieme 90 minuti gravemente insufficienti sia dal punto di vista tecnico/tattico (il Psv alla distanza ha fatto quello che ha voluto), sia da quello della personalità: è mancata l’esperienza necessaria per affrontare partite “pesanti” come quella di mercoledì e la nota suona stonata se si pensa che la proprietà ha messo sul piatto risorse notevolissime (60 milioni per Koopmeiners, 50 “tutto compreso” per Douglas Luiz, 38 bonus compresi per Nico Gonzalez e via via tutti gli altri, prestiti onerosi compresi). Il tutto a fronte di un bilancio chiuso con un rosso di 199,2 milioni che reclama la presenza in Champions anche nella prossima stagione. Chiudiamo con un interrogativo che in qualche modo accomuna i momenti di Milan e Juventus: a fronte dei corposi investimenti sul mercato, chi è il leader carismatico delle rispettive squadre? Esatto.
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