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Jannik Sinner "spalle al muro": incubo-squalifica, perché le cose si mettono male

Paolo Macarti
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Mancano ancora due mesi, due lunghi mesi (16 e 17 aprile) all’arbitrato presso il Tas di Losanna che metterà la parola fine alla vicenda Clostebol. L’incubo che sta tormentando Jannik Sinner da mesi. Le cose sembra non si stiano mettendo bene per il nostro campionissimo. Ecco perché. Piccolo e doveroso riassunto delle puntate precedenti per chi, sinora, fosse vissuta su Marte: nell’aprile 2024. dopo il torneo di Indian Wells, il numero 1 del mondo viene trovato positivo a tracce infinitesimali di questa pomata proibita, penetrata nel corpo dopo un massaggio praticato dal suo fisioterapista. Ad agosto, cinque mesi dopo, Jannik viene assolto dall’Itia (International Tennis Integrity Agency) che accetta la tesi della «contaminazione volontaria». 

Tuttavia la Wada, l’agenzia antidoping per lo sport, a sorpresa presenta un ricorso che genera l’arbitrato del 16 e 17 aprile durante il quale Jannik verrà giudicato da tre arbitri: uno scelto dalla stessa Wada, uno da Sinner e il terzo dal Tas. Questo lo scenario senza dimenticare che, con tale spada di Damocle sulla testa, il nostro magnifico fuoriclasse ha nel frattempo vinto tutto: due Slam, la Coppa Davis e altri tornei, sempre rimanendo numero 1 del mondo.

Di ieri l’aggiornamento che ha gelato Sinner e tutti i suoi fan: ha parlato Witold Banka, il presidente della Wada e lo ha fatto per spiegare che il caso Jannik e quello che ha coinvolto Iga Swiatek, la numero 2 del mondo trovata positiva ma fermata per pochi mesi senza ricorsi in seguito a una contaminazione involontaria di melatonina, sono diversissimi, quindi imparagonabili.

 

SOSTANZA
Secondo Banka la minisqualifica della tennista polacca, praticamente un’assoluzione, è stata accettata subito perché la melatonina è una sostanza diversa dal Clostebol. Quindi è stato giusto, per costui, presentare ricorso avverso la sentenza di primo grado che assolveva Jannik ma non farlo per la Swiatek. «Premessa, noi della Wada siamo parte in causa e non entro nei dettagli anche se riguardano due dei migliori tennisti al mondo, Sinner in campo maschile, Iga in quello femminile», ha detto Banka. «Qui in primo piano c’è la responsabilità dell’atleta Sinner per il quale non stiamo dicendo che si è dopato. Ma un professionista è direttamente responsabile delle azioni del proprio staff e questa è la quintessenza dell’antidoping». Quindi colpevole secondo Banka che si è poi addentrato sulla natura delle due sostanze incriminate: «La trimetazidina che si trova nella melatonina, ed è il caso di Swiatek, è una cosa. Lo steroide contenuto nella pomata spalmata dal fisioterapista di Sinner è qualcosa di completamente diverso». 

Come dire: noi della Wada vogliamo mettere spalle al muro Sinner. Di questo ce ne eravamo accorti da tempo visto che continuare in questa persecuzione nel confronti di Jannik per avergli trovato nelle urine una quantità di 86 pg/ml nel primo controllo e di 76 pg/ml nel secondo controllo a Indian Wells - dosi che non aiuterebbero neppure ad alzare un cucchiaino, figuriamoci a doparsi per vincere- è una sostanziale conferma della malafede della Wada che inchioda un atleta e ne salva un’altra. C’è anche da notare che dopo le difese prese da Binaghi, presidente della Federtennis, nei confronti di Jannik sulla questione, nessuno a livello istituzionale è intervenuto dopo queste ultime dichiarazioni. Il fatto grave però è questa uscita di Banka. Come se, a due mesi dall’arbitrato di Losanna, costui abbia voluto quasi anticipare tre cose: 1) non stiamo scherzando; 2) Sinner rischia grosso e non permettetevi di paragonate il caso Swiatek a quello di Jannik; 3) se il ricorso sarà giudicato fondato, la squalifica può essere da 1 a 2 anni.

 

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