Jürgen Sparwasser, l'eroe che tradì la Germania
Minuto numero 77. Siamo immersi nel 22 giugno dell’anno 1974, l’orologio ha superato le ore 21 e gli oltre 60.000 spettatori del Volksparkstadion di Amburgo, in Germania, fremono. Impazienti. Sul prato dinnazni ai loro occhi c’è uno degli eventi più attesi dei Mondiali di calcio che si tengono in terra tedesca. La partita scorre sotto la direzione dell’arbitro uruguaiano Ramón Barreto ed è ancorata sullo 0-0. Da una parte la Germania occidentale, con la classica divisa bianca e i pantaloncini neri, dall’altra la DDR la Germania orientale, maglia blu e braghette bianche.
Gli Ossis, quelli dell’est, recuperano palla grazie alle mani sicure dell’estremo difensore Croy. Il portiere gioca la fußball verso il difensore Kurbjuweit che in progressione dalla sua trequarti campo sfocia aldilà delle linee avversarie. Rallenta. Alza la testa e vede lo scatto del numero 14: Jürgen Sparwasser non ha calcolato, almeno non ancora, che nel suo controllo di testa prima poi di coscia, nel suo seminare l’arcigna difesa rappresentata da Höttges e Vogts e nell’insaccare la sfera alle spalle di Maier, non ha calcolato che quel pallone è un calcio verso la storia. Quella rete segna il destino e diventa mito, mentre gli oltre 50.000 sostenitori della Wessis, quelli dell’ovest, restano in silenzio e la minoranza Ostdeutschland è in visibilio.
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È 1-0 il risultato, cristallizzato fino al fischio finale. Di ogni anfratto della partita, ma principalmente della vita della mezzala che ha sovvertito l’ordine del calcio per una sera, ha parlato il giornalista di Tuttosport Giovanni Tosco nel volume, pubblicato dai tipi di Minerva, Sparwasser. L’eroe che tradì (pp.160, euro 15). Dentro, oltre al rettangolo verde e una maglia scambiata con Marco Tardelli, che suscitò le ire del comitato centrale della DDR, un passato che in qualcuno suscita nostalgia, in altri tremendi ricordi.