L'uovo del calcio che fa impazzire il Barcellona: che fine ha fatto questo sport
È bastato un uovo per far cacciare lo chef del Barcellona. Un uovo «preparato male» secondo le accuse di Lewandowski, attaccante e punta di riferimento dei blaugrana. Il centravanti polacco ha chiesto la testa del povero cuoco che in un lampo è stato licenziato direttamente dal tecnico della squadra catalana, Hansi Flick. Lewandowski a quanto pare ci tiene tanto all’uovo e lo reputa un alimento fondamentale per la sua alimentazione da sportivo. E fin qui nulla da dire. Del resto l’uovo è pieno di proteine, di vitamine e di minerali ma anche di colesterolo e dunque va cotto in modo adeguato. Ma di certo la storia del calcio è piena di campioni, di bomber e di numeri dieci che non hanno basato le loro imprese solo su un ovetto.
E a quanto pare, di questi tempi, pure un semplice piatto, anzi il più semplice da preparare, può diventare motivo di rivolta e causa di licenziamento per un professionista. L’allenatore dei blaugrana che si piega al capriccio di una “prima donna” come Lewandowski di certo non ci restituisce una bella immagine del calcio moderno. Un calcio dove ogni bisogno futile di un calciatore viene assecondato da società che non sanno imporsi e da “capi”, come nel caso del tecnico, che si fanno mettere i piedi in testa.
Ora, riavvolgiamo un po’ il nastro della centenaria storia del pallone e provate a immaginare Cesare Maldini che si lamenta con Nereo Rocco per una uovo cucinato male. Innanzitutto per la statura morale di Maldini-padre (identica poi a quella del Maldini-figlio) è una scena difficile da immaginare. Ma con uno sforzo potremmo sentire le urla del “Paròn” anche da qui, mentre state leggendo queste righe. E forse sono proprio le parole di Cesare Maldini che racconta un aneddoto su Rocco che ci danno l’immagine di un calcio d’osteria che non c’è più: «Allenamenti a parte, tutti i giorni ci vedevamo anche a pranzo e cena. Si mangiava all’Assassino, un’osteria. Per i gestori, toscani, l’Assassino era un ristorante, altro che “osteria del Paròn”... Occupavamo tutti i giorni gran parte del locale. Perché a tavola non c’eravamo solo noi giocatori, con Rocco: ogni giorno si radunava una piccola folla di giornalisti, amici degli amici, curiosi... Ogni tanto Nereo mi chiedeva di accompagnarlo a casa, e qualche volta la serata finiva davanti a un mazzo di carte». Un’altra storia, un’altra epoca direte voi. Eh no, perché per mettere quella maledetta palla in rete il metodo è sempre lo stesso: spingerla oltre la linea di porta. Con o senza uova. E magari lasciando in pace lo chef di turno.
Solo qualche tempo fa il campionato italiano e l’Europa hanno conosciuto un ciclo vincente del Milan guidato da uno che a tavola ama fermarsi tanto. E non da solo, insieme ai giocatori facendo mangiar loro ciò che mangia lui: stiamo parlando di Carlo Ancelotti. «Carletto non se la tira mai, tranne che a tavola, perché una volta che inizia a mangiare può fermarlo solo l’esorcista», ha detto di Re Carlo, Paolo Maldini. Insomma lo stare a tavola, il “magnare bene” anche prima di una finale di Champions senza star lì a controllare se un uovo è “cotto alla perfezione” aiuta anche a vincere, fa spogliatoio, come spesso si usa dire. A Barcellona a quanto pare ora arriverà uno chef “esperto nella preparazione delle uova”. Siamo ormai alla frutta. In tutti i sensi.