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Jannik Sinner, il piano di Angelo Binaghi: "Come faremo le scarpe al calcio"

Leonardo Iannacci
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Angelo Binaghi è alla guida della Federazione Tennis&Padel dal 2001 e mai avrebbe pensato di festeggiare un Natale così. Sotto l’albero ripensa con Libero ai magici momenti di un anno che non vorrebbe mai scivolasse via.Presidente, il tennis azzurro è in cima al mondo. Diceva Federico Fellini che i più realisti sono i sognatori. Si sente tale? NI «A inizio 2024 avrei firmato per un quarto delle vittorie ottenute dai nostri ragazze e dalle nostre ragazze».

E invece...
«E invece siamo quia brindare per 2 Slam vinti da Sinner, il suo n° 1 nel ranking, la seconda Davis, la quinta King Cup, l’oro olimpico di Errani-Paolini, il bronzo di Musetti, tre 1000 e tanti altri tornei vinti».

 



Il momento più bello di questo 2024?
«Impossibile sceglierne solo uno in un’annata così memorabile. Forse quando Sinner è diventato numero 1 del mondo. Però, c’è un però».

Ovvero?
«Hanno vinto tutti e tutte. Da Sinner, vero, a Darderi e Paolini, i successi sono arrivati da chiunque».

Segnali che il sistema Italia esiste davvero?
«Sinner è il numero 1 ma la nostra realtà è diversa dai trionfi di Federer e Djokovic. Svizzera e Serbia non vantavano 7 tennisti fra i primi 50 del mondo e non avevano questi risultati nel femminile».

A proposito di Sinner, la sua annata trionfale non sembra sia stata intaccata dall’affaire Clostebol.
«Ricordo come fosse ieri la telefonata che mi arrivò dal suo manager, la scorsa estate. Rimasi allibito. Anche perché qualche mese prima mi era arrivato un altro messaggino di Jannik con la notizia che, per guai all’anca, avrebbe saltato Roma. Due brutte notizie nella sua incredibile annata».

Cosa l’ha colpito di più di questo fuoriclasse?
«Il fatto che abbia vinto ma, soprattutto, giocato per mesi con questo tormento terribile».

Tre cose che la gente non conosce di Sinner?
«È simpaticissimo in privato, ha un senso del dovere che ogni italiano dovrebbe avere e poi il talento smisurato».

Cosa prevede per l’arbitrato che si terrà al Tas di Losanna nel prossimo febbraio sulla questione doping?
«Che ci sia una sentenza ragionevole, quindi di assoluzione».

Voto alla Wada?
«Vede, il fatto che questa associazione abbia ammesso nelle scorse settimane di voler cambiare regole sul doping dopo l’affaire Jannik-Clostebol, è un segnale: il suo è un caso che farà giurisprudenza».

Sinner è il pifferaio magico del nostro tennis, ma non è il solo.
«Esatto. E questo mi riempie d’orgoglio. C’è il ritorno di Berrettini ad alti livelli, e quando smetterà di giocare, speriamo tra tanto tempo, Matteo diventerà un grande capitano di Davis. Poi la Paolini salita sino al numero 4 del mondo, Sarita e Arnaldi, e poi Darderi e Sonego che vincono tornei e i giornali di tutto il mondo che ci indicano come modello nel tennis. Beh sono soddisfazioni».

Il New Yorker ha parlato di “sistema Italia”, l’Equipe riconosce il nostro tennis in cima al mondo...
«Da vent’anni abbiamo, come Federazione, avviato un programma di crescita continua del nostro tennis. Se sono nati tanti talenti fra gli uomini e le donne è un caso?».

L’Italtennis vince in campo ma anche fuori dal campo. Il segreto?
«Le Finals rimaste in Italia sino al 2030 sono una vittoria della Meloni, tutti quelli come noi che hanno contribuito al successo delle Finals sono importanti ma sostituibili. Senza la Premier invece non ci sarebbe stata questa grande opportunità per il Paese».

Fanno così gola le Finals?
«Le cito qualche dato: quest’anno hanno creato un indotto di 503,4 milioni di euro e un gettito fiscale di 85,4».

Cosa ha fatto, in pratica, la Meloni?
«Ha consultato i ministri dell’economia Giorgetti e quello dello sport e giovani Abodi, ha chiesto loro di valutarne gli impatti e ci ha dato fiducia e il sostengo economico senza il quale le Finals sarebbero finite in un altro Paese».

La Schlein sarà contenta di quello che ha appena detto della Meloni...
«Beh, le finali della Davis saranno a Bologna. E Bologna è la città della Schlein, no? Il tennis fa contenti tutti».

Si dice che gli Internazionali di Roma siano il 5° Slam non codificato. Vero o falso?
«Le annuncio che l’edizione 2025 avrà tante novità: più campi, servizi, un’allargamento del site del Foro. Sarà l’edizione più bella di sempre».

Il tetto mobile sul centrale? Arriverà fra 2 o 3 anni?
«Ci sta lavorando Sport e Salute, che ha l’impianto in concessione. Partite interrotte per pioggia sono deleterie».

Vedere il tennis costa troppo: i biglietti sono cari.
«Non è vero, è uno spettacolo eccezionale, anche a Torino abbiamo fatto ogni giorno il tutto esaurito».

Il 26 giugno prossimo ci saranno le elezioni del presidente del Coni. Quale il profilo giusto secondo lei che non ha mai amato Malagò?
«Credo che sia necessario individuare un alto profilo di garanzia istituzionale che assicuri diritti uguali per tutti indipendentemente dalle idee dei singoli. Un presidente di tutti e non solo di una parte».

Vero che vuole togliere il tennis alla Rai?
«Ritengo giusto che la Rai mandi la Coppa Davis nello stesso canale della nazionale di calcio. Lo chiedono gli italiani che guardano in massa gli incontri dei nostri ragazzi, lo dicono i numeri. In alternativa abbiamo un nostro canale che va benissimo, Supertennis».

Vuole superare il calcio per davvero?
«Dopo il calcio, il tennis è il secondo sport per pratica, seguito, successi e interessi ed è in crescita anche nei circoli e presso i ragazzini. Giusto avere obiettivi, no?».

Dopo questo fantastico 2024 cosa sogna per il prossimo anno? Wimbledon?
«Darei qualsiasi cosa per vedere un nostro trionfo agli Internazionali di Roma. Non accade da quasi mezzo secolo».

Da tennista più che discreto lei ha raggiunto la posizione numero 16 in Italia: che tipo di giocatore era?
«D’attacco. Amavo McEnroe e anche Edberg. Attaccavo sempre».

Come oggi da presidente?
«Eh, a volte serve. Anzi, spesso».

 

 

 

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