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Milan, "screzi con Ibrahimovic: dimissioni lampo". Un terremoto a Milanello

Roberto Tortora
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Il Milan si ritrova, a tre settimane dalla sessione invernale di calciomercato, senza un direttore sportivo. Si è dimesso, infatti, il direttore sportivo Antonio D’Ottavio. Il club rossonero non ha ancora pubblicato un comunicato ufficiale, ma, alla base di questo addio c’è l’incompatibilità di vedute con Zlatan Ibrahimovic.

Linee parallele su Prima Squadra, Milan Futuro e settore giovanile. Il saluto di D’Ottavio è arrivato già da qualche giorno, alla vigilia della partita persa 2-1 contro l’Atalanta. Il manager lascia il Diavolo dopo quasi otto anni, aveva ricoperto il ruolo di capo degli osservatori e, in tutti questi anni, è stato, di fatto, il braccio destro di Geoffrey Moncada, il talent scout con il quale ha condiviso il calciomercato rossonero.

 

 

 

Il primo dissidio con Ibra sulla nomina dell’allenatore di Milan Futuro: D’Ottavio puntava forte su Ignazio Abate, già allenatore della Primavera, Ibra invece gli ha dato il benservito (ora allena la Ternana) e ha scelto un amico fedele come Daniele Bonera. Anche sul responsabile del settore giovanile non c’è stata sintonia. Ibra voleva inserire una figura proveniente dal board dell’Ajax, ma stavolta l’ha spuntata D’Ottavio con la conferma di Vincenzo Vergine. Inutile dire che, sulle scelte per la prima squadra, D’Ottavio era già stato messo in secondo piano dalla scorsa estate.

E ora? Come si cambia? Moncada e Ibra, in unione con il responsabile di Milan Futuro, Jovan Kirovski, saranno la "triade” rossonera e, per il ruolo di ds, si pescherà in casa da due dirigenti provvisti del tesserino di direttore sportivo e che corrispondono ai nomi di Roberto Carrario e Dario Audasio. Resta solo da attendere, come già detto, una comunicazione ufficiale da parte del club di Via Aldo Rossi.

 

 

 

Intanto, la squadra di Paulo Fonseca si appresta a sfidare la Stella Rossa a San Siro, che evoca ricordi annebbiati di fine anni ’80, quando Savicevic era ancora un avversario e la squadra allenata allora da Sacchi si apprestava a salire in cima al mondo. Oggi quella scalata sembra una parete di granito.

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