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Coppa Italia, un torneo da riformare: non interessa a nessuno

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Claudio Savelli
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La Coppa Italia non interessa a nessuno. Non interessa alle società, grandi o piccole che siano. Non interessa ai tifosi, che se la vincono sono contenti ma se la perdono... sticazzi. Non interessa nemmeno agli allenatori, fatta eccezione dei mister in bilico che provano a riabilitare una stagione e guadagnarsi il contrattone. Di questo passo non interesserà più nemmeno alle televisioni - anche se Mediaset paga “solo” 58 milioni all’anno fino al 2027 - dato che gli ascolti sono miseri: l’ottavo tra Milan e Sassuolo vinta dai rossoneri con un tennistico 6-1 ha raccolto solo 1,8 milioni di spettatori, equivalenti all’8,9% di share e, segnala Calcio&Finanza, entra in scioltezza nella top-10 degli ottavi in prima serata meno visti degli ultimi dieci anni.

Se vi sembrano tanti spettatori, considerate che sono riusciti a batterla praticamente tutti: la fiction “Libera” su Rai 1(3.150.000 spettatori e 17,6% di share), il film “Endless Love” su Canale 5 (2.344.000 e 12,4%) e la terza puntata di “Belve” su Rai 2 (1.684.000 e 9,9%). Nell’orario aperitivo va decisamente peggio: Bologna-Monza che si è giocata alle 18.30 e ha avuto lo stesso andamento a senso unico (4-0 per i padroni di casa), è arrivata a 813.000 spettatori e il 5% di share. Il fatto che dopo 23 minuti il Milan fosse già sul 4-0 non ha aiutato e allora, come ogni anno, tocca tirare fuori la storia del formato pro-grandi dell’attuale Coppa Italia.

 

 

Le piccole nemmeno fingono di voler andare avanti, tanto non porta soldi né lustro, ma anche le grandi sembrano tornate allo snobismo dello scorso decennio: Baroni e Conte stasera in Lazio-Napoli schiereranno le riserve, ben 8 per il primo e addirittura 11 per il secondo, che pure non ha alcuna competizione europea da affrontare. La maggior parte delle persone vorrebbe replicare la FA Cup inglese, ma nemmeno quella avrebbe senso. Là è tradizione, qui sarebbe un’imposizione. Nessuno vuole giocare ancora più partite, né le grandi stritolate dalle manie di Uefa e Fifa, né le piccole di serie C o D che faticano ad allestire rose competitive per quel che fanno, figuriamoci per un percorso in una coppa unificata (e di certo un incasso da botteghino in più non farebbe alcuna differenza sui budget).

Dato che il formato sembra inclusivo ma in realtà è esclusivo, almeno rendiamolo dignitoso. L’unica riforma che avrebbe senso proporre in Italia sarebbe una Final-8 in stile basket: le prime 8 della classifica alla fine del girone di andata acquisiscono il diritto a giocarsi la Coppa Italia. Impacchettiamo in una settimana quarti, semifinali e finale rigorosamente secche e in campo neutro (un po’ come si fa ora per la Supercoppa, ma non in Arabia Saudita) e via. Magari a serie A chiusa, al posto dei playoff che comprometterebbero la sacralità del campionato. Una Coppa Italia breve, intensa e sicuramente più interessante dell’attuale. Non che sia difficile...

 

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