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Premier League, cortocircuito arcobaleno e pro-Islam: i cervelli fumanti prendono fuoco

Andrea Tempestini
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Cari amici, la verità è che vi fuma il cervello. Non sapete più come andarvi a schiantare, le proporzioni del cortocircuito sono gigantesche, il grottesco è irrisolvibile e la vicenda che vi stiamo per raccontare è una perfetta sintesi dai mala tempora che stiamo vivendo. Una vicenda che è tutta sbagliata, da qualunque lato la si provi a guardare.

Si parla di calcio, siamo in Premier League: i capitani sfoggiano in campo una psichedelica fascetta color arcobaleno, LGBTQ+ nessuno escluso, iniziativa della Football Association - la nostra Figc - in nome dell'inclusività. Marc Guehi- capitano del Crystal Palace, ivoriano naturalizzato inglese, 24 anni e 22 presenze con la nazionale di Sua Maestà, cristiano devoto, una figura dunque intrinsecamente inclusiva - sulla sua fascetta scrive con un pennarello nero «I love Jesus», io amo Gesù. Sam Morsy - inglese naturalizzato egiziano, 33 anni, la sua nazionale è quella dei faraoni, musulmano praticante - pur avendo tutti i crismi personali dell’inclusività rifiuta tout-court di indossare la fascetta, attirandosi le ire della comunità arcobaleno.

E qui entrano in campo i cervelli fumanti: Guehi finisce sotto inchiesta, mentre la FA non sente il bisogno di indagare su Morsy. Quest’ultimo, poiché musulmano, per la federcalcio inglese aveva tutto il diritto di rifiutare quella fascia per motivi religiosi (già, omosessualità e Islam non hanno particolari gradi di compatibilità). La scricchiolante ratio della doppia decisione la si trova nel regolamento della FA, che consente «slogan ed emblemi di iniziative che promuovono calcio, rispetto e integrità» ma proibisce «slogan, dichiarazioni o immagini politiche, religiose e personali».

Ora, precisiamo che il cristiano Guehi, bontà loro, non è stato squalificato, così come inizialmente si ipotizzava. Le autorità pallonare si limiteranno a una sorta di censura: Sky News ha fatto sapere che la FA contatterà il capitano del Crystal Palace per dirgli che così non va, niente messaggi religiosi. Ma anche la "ramanzina" è follia cristallina. Che la scritta «I love Jesus» fosse una presa di distanza dalla fascia arcobaleno è un’ipotesi, così come è una possibilità il fatto che la stessa scritta fosse una forma di inclusività al cubo: anche Gesù al fianco della comunità LGBTQ+. Idea per altro rilanciata dal padre di Guehi, ministro di chiesa, assai piccato per il processo al figlio: «Marc ha offeso qualcuno? Non credo. Per la Bibbia, Gesù ama tutti e quel messaggio non era offensivo».

Arrivati a questo punto vien da chiedersi: ma di cosa stiamo parlando? Eppure, per i cervelli fumanti il tema è da eviscerare. Così ci prestiamo al gioco ed evisceriamo, mettendo in evidenza l’ulteriore e totale controsenso che emerge dalla scelta di non «processare» il musulmano Morsy. C’è una religione, l’Islam, che non può neppure concepire l’omosessualità. C’è un giocatore, Morsy, che in ossequio a quella religione rifiuta in toto la fascia arcobaleno: il pacchetto meno inclusivo che si possa concepire. Ma non per i cervelli fumanti. Siamo all’essenza del wokismo: così attenti alle (presunte) ingiustizie commesse dall’archetipo dell’uomo bianco da non considerare tutte le (presunte) altre. Col risultato di apparire insensati, ai margini del reale, come conferma anche la nota diffusa dal club per placare le polemiche dovuta all’inazione della FA: «L’Ipswich Town Football Club si impegna a essere un club completamente inclusivo, che accoglie tutti. Allo stesso tempo, rispettiamo la decisione del nostro capitano Sam Morsy». Che è un po’ come dire: noi siamo così inclusivi da includere anche chi, come Morsy, esclude. Alla FA sono bastate queste righe. Tutti contenuti, soddisfatti, pur senza comprendere la pericolosità della (loro) situazione: allarme rosso, i cervelli fumanti stanno prendendo fuoco.

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