Lele Adani, le parole gridate a caso e i pronostici sballati: tutte le "perle" della voce Rai
Quando Victor Hugo Morales, celestiale telecronista sportivo uruguagio, consegnò agli annali il “gol del secolo” di Diego Armando Maradona a Messico 1986, dipinse nell’aere questi versi: «Gracias Dios por el fùtbol, por Maradona e por estas lagrimas». Morales, mentre la storia gli passava davanti catalizzata in una rete paranormale, con la sua ode dedicata al “barrilete cósmico” fermò le lancette. A sua insaputa, però, creò anche dei mostri che, negli anni a venire, avrebbero provato ad imitarlo.
Come Daniele Adani da Correggio. Modesto calciatore, buon conoscitore delle dinamiche pallonare, mistico commentatore, esagerato showman. La sua parabola ascensionale iniziata nel 2012 sulle reti Sky l’ha condotto oggi a essere un megafono di populismo calcistico impegnato su ben tre fronti. Il primo, quello tv, dove commenta sulle reti Rai le gare della Nazionale e/o i grandi eventi calcistici; il secondo, quello social, dove conduce tribune come la discendente della “Bobo Tv”, avventura che finì un anno fa con stilettate alla schiena tra ex sodali (c’erano Vieri, Cassano e Ventola); il terzo, quello a microfoni spenti, dove lui, critico di professione, insulta chi si permette legittimamente di criticarlo, come il bravo collega di Libero Claudio Savelli.
Ma Savelli, nelle sottolineature dei suoi eccessi, è in buona, ottima compagnia. Perché gli svarioni dell’Osho del calcio, negli anni, sono stati secondi solo ai troppi che faceva in campo. E gliel’hanno fatto notare a migliaia, tra semplici utenti, colleghi giornalisti, addetti ai lavori. La sua carriera, vera, inizia nel 2019 con quel “dissing” con Massimiliano Allegri in diretta Sky, quando l’allora allenatore della Juve, stanco di sentirsi ripetere ogni domenica che il suo gioco fosse lento, noioso e stantìo, gli disse: «Tu sei il primo teorico, leggi i libri e di calcio non sai niente».
Urla & ego: ecco perché Lele Adani è il simbolo della tele-decadenza
Da allora, Adani sta ad Allegri come il Joker sta a Batman. E su quella colorita diversità di vedute ci ha creato una professione, quella liturgica del bel “fùtbol”, più redditizia della classica seconda voce della tv satellitare. Si vantò in qualche modo di aver contribuito a far cacciare Allegri, con la Juve che quasi come se avesse ascoltato i suoi appelli prese Maurizio Sarri: «Potevano arrivarci un anno fa», disse. Peccato che Sarri in bianconero durò come un ghiacciolo alle Bahamas, Allegri la Juve se lo riprese nel 2021 e in quello stesso anno ad essere cacciato, ma da Sky, fu proprio Lele.
La trasformazione però era già avvenuta. In coppia con Riccardo Trevisani aveva iniziato a fare intrattenimento , commentando la serie A come si giocasse alla foce del Rio de la Plata, introducendo le urla per qualche azione manovrata e usando termini come “surda”, “chilena”, “carajo”, “madre de dios” e la parola che lo ha reso mainstream, “garra charrua”, che è la rabbia uruguaiana di farcela con la grinta. Quel format l’ha poi esportato sui social e, soprattutto, sulla Rai, che lo prese nel tentativo di svecchiarsi proponendo narrazioni-show che tanto bene fanno agli ascolti e alle interazioni sul web . Perché Adani questo è: non un tecnico che arricchisce un prodotto, ma esso stesso un prodotto da esporre. Prima delle grida a sfondo mistico in Belgio -Italia Adani fu celebre per il confronto impietoso di decibel col povero Stefano Bizzotto, afono, in Spadell’Europeo gna -Francia 2024. Al Mondiale d’inverno, invece, divenne trend topic per le sue uscite da Morales pezzotto per celebrare la cavalcata fino alla Coppa del Mondo di Leo Messi. La più ridico la? «Dribbla anche i cammelli».
Ma oltre che di forma, Adani non è un fenomeno come crede nemmeno di contenuto. A ottobre 2022 alla “Bobo Tv” disse: «Non credo esista una persona che analizzi il calcio meglio di me». Oltre a non essersi mai voluto cimentare (nel 2014 rifiutò la panchina dell’Inter come vice di Roberto Mancini e poi, chissà, lo avrebbe potuto seguire anche su quella dell’Italia campione d’Europa), però, ha inanellato una marea di sfondoni. Eccone alcuni solo dell’ultimo anno: ad agosto 2023 ha celebrato Arthur, regista brasiliano della Fiorentina in prestito dalla Juve, usando un altro suo grande slogan (“Padre tempo”). Peccato che Arthur non sia stato riscattato dalla Viola e oggi sia fuori rosa a Torino, non con Allegri ma con uno dei suoi prediletti, Thiago Motta; Motta, che incensava mentre era al Bologna, oggi alla Juve dopo 12 giornate ha cinque punti in meno di Allegri e non sta certo riuscendo a esprimere calcio ostriche e champagne; a marzo, in occasione di Brighton-Roma di Europa League, predisse un 4-0 per gli inglesi allenati da un altro suo pupillo, Roberto De Zerbi. La partita finì davvero 4-0, ma per i giallorossi; durante quel tracollo, per provare a rifarsi, twittò live celebrando Leandro Paredes che aveva definito tempo prima «il miglior 5 dai tempi di Redondo» (oggi Paredes nella Roma è sparito); a novembre 2023, per non abbandonare il “carro Sarri”, maestro di bel gioco, commentò il momentaccio della Lazio dicendo «non credo che il problema sia l’allenatore», come a dire che con quella squadra non si potesse fare meglio. Lotito prese prima Igor Tudor, e migliorò le cose, poi Marco Baroni e, stravolgendo la rosa addirittura al ribasso, ora la Lazio vola.
Nel corso degli anni, comunque, l’hanno rimbrottato un po’ tutti, da grandi giornalisti come Marino Bartoletti e Nicola Roggero ad addetti ai lavori come Paolo Di Canio o Gigi Cagni, che Adani lo allenò a Empoli e di lui disse: «Racconta teoria, il calcio è un’altra cosa. Con me non era nemmeno titolare». Chissà se ha mandato sms minatori a tutti loro.
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