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Roma ridotta a una macchietta dai Friedkin: squadra allo sbando, il mister lo sceglie un'agenzia

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Federico Strumolo
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C’era una volta la Roma. Quella di Francesco Totti e Daniele De Rossi, quella che batteva il grande Barcellona o il Real Madrid, quella che vinceva lo scudetto con Fabio Capello e che ci andava a un passo con Claudio Ranieri. Una squadra caratterizzata da un legame viscerale con il proprio tifo, come in poche altre piazze italiane, ma che ora, complice la recente gestione targata Friedkin, proprietà americana subentrata nel 2020, sta vivendo una crisi di identità. Una situazione paradossale, considerando che solo pochi mesi fa la squadra viaggiava a vele spiegate, con quel De Rossi in panchina che sembrava mettere tutti d’accordo: la dirigenza, che a giugno gli rinnovava il contratto fino al 2027; i giocatori, schierati apertamente dalla parte del tecnico; i tifosi, innamorati di quel biondino nato a Roma nel 1983 e che al giallorosso ha dedicato tutta la carriera in mezzo al campo, con quella parentesi finale, tanto romantica, in argentina al Boca Juniors.

Qualcosa (mai spiegato a stampa e tifosi) si è poi rotto tra capitan futuro e la proprietà americana, tanto da suggerire ai Friedkin di cambiare, affidandosi a Ivan Juric. Quando si sceglie un allenatore, però, tocca proteggerlo, fortificarlo, e non lasciarlo solo come fatto con il tecnico croato, mai entrato in sintonia con piazza e giocatori (emblematico l’atteggiamento del vice-capitano Gianluca Mancini nell’azione del terzo gol del Bologna di domenica: al posto di correre in difesa resta immobile a guardare l’azione...). La sola partita vinta nelle ultime sei giornate di campionato (peraltro contro un Torino in aperta crisi) e la dodicesima posizione in classifica hanno portato all’ennesimo cambio, elevando a quattro il numero di tecnici romanisti in pochi mesi, dato che fino a gennaio al timone c’era un certo José Mourinho (l’avventura di Juric era cominciata invece a settembre).

 

 

Ora è partito il casting per il nuovo allenatore: Roberto Mancini è considerato in pole position dai ben informati, ma in corsa ci sono anche gli ex Rudi Garcia (sulla panchina giallorossa dal 2013 al 2016) e Claudio Ranieri (alla guida del club dal 2009 al 2011 e ancora nel 2019), nonché Massimiliano Allegri. E poi c’è la suggestione del ritorno dello stesso Daniele De Rossi: lui tornerebbe di corsa, giocatori e tifosi lo riabbraccerebbero senza esitazioni, ma la sensazione è che con la proprietà si sia creata una frattura insanabile.

Una scelta, quella del nuovo allenatore, tanto delicata quanto complessa e che verrà fatta avvalendosi della consulenza di un’agenzia, la Caa Base di Paolo Busardò e Frank Trimboli (una società di Londra con diversi uffici di consulenza in giro per il mondo, tra cui Milano). Addirittura c’è chi pensa che l’agenzia possa fare i propri interessi, piazzando il proprio assistito Frank Lampard sulla panchina giallorossa.

Gossip a parte, la scelta di affidarsi a un’agenzia conferma le difficoltà del club a tutti i livelli, dato che una decisione del genere, in una società in salute, verrebbe presa dai dirigenti (malo stesso Florent Ghisolfi, attuale direttore sportivo della Roma, sarebbe in bilico...). E nella polveriera giallorossa non mancano le parole della politica. «Il menefreghismo dei Friedkin raggiunge vette temerarie. Se ne devono andare, perché non hanno nessun amore perla città e nessun rispetto per società e tifosi», tuona Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato, racchiudendo l’umore di tantissimi tifosi delusi ma sempre innamorati del giallorosso.

 

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