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Atalanta, Fiorentina e Lazio: ecco le "tre nuove sorelle" della Serie A

Renato Bazzini
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Belle di serie A, terze a braccetto sopra la Juventus, Atalanta, Fiorentina e Lazio stanno insegnando come si fa può fare calcio in Italia. La Dea è ormai un modello certificato. Lo ha dichiarato anche Antonio Conte che la affronta domani con il suo Napoli capolista, mescolando la pretattica alla sincera ammirazione. E pensare che Gasperini sarebbe potuto essere a Napoli al posto suo, non avesse scelto di farsi comandare dal cuore e dalla promessa di rilancio di Percassi.

Promessa che non è stata mantenuta per cause di forza maggiore, alla fine c’è stata una rivoluzione e la rosa è stata completata in ritardo, quindi era normale che i risultati non arrivassero immediatamente. Ottobre, comunque, è presto per lo standard gasperiniano, quindi occhio all’Atalanta: quattro vittorie consecutive in campionato con 15 gol fatti e solo 2 subiti condite da un successo e un pareggio in Champions. Numeri da vecchia Dea versione Papu-Ilicic.

 

L’Atalanta è un esempio anche per come si comporta fuori dal campo: lo stadio, il settore giovanile, il legame con la città, una proprietà che si impegna. La Fiorentina ha tutte le carte in regola per replicare il modello e, pian piano, ci sta riuscendo. Lo stadio a Commisso non lo hanno fatto fare, si è dovuto rassegnare a un Franchi ristrutturato da terzi (e a giocarci per anni in mezzo a un cantiere), ma in compenso ha costruito il Viola Park, eccellenza in Europa. Ma non è solo questo.

Nella Fiorentina che, non dimentichiamolo, appena prima di Commisso inscenava strani pareggi per salvarsi all’ultima giornata, non c’è solo attenzione verso le strutture ma anche una buona progettualità calcistica. Il triennio di Italiano è andato a naturale scadenza, poi è stato ingaggiato il miglior allenatore emergente, Palladino, a cui è stata rivoluzionata la rosa per evitare una transizione zoppicante. Di fronte ai primi risultati negativi non è stato fatto alcun dramma e i malumori della tifoseria sono stati ignorati.

Poi, entrati in circolo gli acquisti dell’ultima ora quali Adli, Bove, Cataldi e Gosens, le cose hanno iniziato a funzionare. Palladino ha trovato nel 4-2-3-1 la formula corretta e ora la formazione, a leggerla, pare forte-forte, soprattutto considerando che inizia e finisce con due campioni ritrovati, due scommesse vinte, come De Gea e Kean. La Fiorentina (che domani affronta il Torino) può restare lassù anche perché la Conference, date le avversarie, è un impegno ampiamente gestibile. Lo è meno l’Europa League ma la Lazio lo sta affrontando come mai prima: dopo anni di snobismo perché, secondo Sarri, la rosa non era in grado di reggere il doppio impegno, ecco che i biancocelesti volano su entrambi i fronti.

E lo fanno, guarda un po’, con un allenatore all’esordio oltre i confini nazionali: Baroni è la vera sorpresa di questo inizio di stagione. O forse no, considerando che la salvezza con il Verona valeva uno scudetto. Bravo Lotito a capire che serviva un allenatore entusiasta del progetto, lui che con entusiasmo sta decantando il progetto-Flaminio e ha dotato la società di un Formello all’avanguardia. Serviva ripartire con l’addio dei vecchi leader quali Immobile, Luis Alberto e Felipe Anderson dando spazio a giocatori a costo contenuto e bisognosi di rilanciarsi, come Dia e Nuno Tavares. Adesso pure la Lazio (che lunedì sera fa visita a un Cagliari in difficoltà) è lì, in alto, a braccetto con le sue sorelle e a dar fastidio alle altre.

 

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