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Juve e Inter, l'Europa ci smonta: come esce dalla settimana il calcio italiano

Renato Bazzini
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Il calcio italiano era osservato speciale quest'anno, con le sue cinque squadre nella nuova Champions League. Aveva attirato l’attenzione dell’Europa come modello di rinascita sostenibile, un luogo magico in cui la competenza in materia di calcio ha prevalso sul denaro, in cui sono stati tagliati i monte ingaggi ma al contempo sono cresciuti i fatturati, in cui realtà piccole come l’Atalanta diventano grandi e altre come il Bologna sembrano poter replicare il modello, confermando che l’eccezione può diventare una regola su un terreno così fertile. Aveva attirato l’attenzione anche perché migliora in campo nonostante non sia in grado di migliorare tutto ciò che lo circonda, a partire dagli stadi.

L’interesse dell’estero, e in particolare della Premier League che è sempre attenta a proteggere il proprio status e quindi guarda all’Italia come potenziale competitor, si è materializzato nell’acquisto di Chiesa da parte del Liverpool e di Calafiori da parte dell’Arsenal. Hanno visto un’occasione (Chiesa) e un talento (Calafiori) dopo un Europeo disastroso dell’Italia, a conferma che tengono sempre d’occhio quanto accade in serie A.

 

 

Poi toccano con mano il prodotto e, come si poteva pronosticare, hanno pareri discordanti. Slot, tecnico del Liverpool, ha di fatto etichettato Chiesa come inadeguato al ritmo della Premier, anche se i dati dicono che la serie A è seconda solo alla Premier stessa per intensità e sforzo dei calciatori. Ha detto Slot che «Chiesa sta passando a un campionato dall’intensità maggiore rispetto alla Serie A» e «visto che abbiamo appena incontrato due squadre italiane in Champions», Milan e Bologna, «lo può affermare con certezza».

In realtà ha incontrato un Milan in difficoltà e un Bologna che sta deludendo non solo in Champions ma anche in Italia, avendo vinto una sola gara su undici disputate. E le difficoltà di Chiesa sono sembrate un pretesto per screditare la serie A, come se dietro ci fosse il mandato della Premier League. È vero anche che le relazioni di Arteta su Calafiori, il cui infortunio per fortuna non è grave come si temeva (lieve problema al collaterale media. La stagione in corso era l’occasione per dare linfa all’ascesa.

Lo è ancora, a patto di cambiare marcia. In Champions siamo reduci da un turno negativo, dove sono arrivate due vittorie delle milanesi troppo sofferte per essere contro lo Young Boys e il Bruges (con un uomo in più), una sconfitta casalinga della Juventus contro lo Stoccarda, certamente un’ottima squadra ma che non doveva imporsi in modo così netto, un pareggio casalingo dell’Atalanta che ha dominato il Celtic ma non è riuscita a segnare e il ko del Bologna che, incapace di evolvere quanto costruito da Thiago Motta, è il manifesto del momento di plateau del nostro calcio.

Nemmeno in Europa League stiamo incantando visto che una romana compensa l’altra, mentre in Conference la Fiorentina sta incontrando avversarie troppo morbide per fare testo. L’impressione è che le nostre squadre siano state apprezzate e quindi studiate e che ora molte formazioni sappiano quali contromisure prendere. È un complimento ma anche un promemoria a ciò che sbagliamo sempre: pensare di essere arrivati e smettere di spingere, di innovare, di cercare soluzioni.

 

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