Serie A, eliminiamo gli arbitri: con questo regolamento sono inutili
Si suppone che un arbitro... arbitri. Cioè prenda decisioni interpretando ciò che vede in campo in base al regolamento del gioco del calcio. Vi sembra che questa cosa accada? Vi sembra che gli arbitri italiani svolgano il mestiere per cui sono convocati e, in serie A, ottimamente pagati? Allo stato attuale delle cose, se li togliessimo non cambierebbe praticamente nulla. L’uomo davanti al Var potrebbe azionare un comando che impone l’interruzione dell’azione, verificherebbe un episodio e poi comunicherebbe la decisione a tutto lo stadio. Già che ci siamo, immaginate che straordinaria rivoluzione sarebbe: niente arbitro in campo, niente più proteste.
Giocatori privati del loro pungiball preferito. Tanto questo fanno, oggi, gli arbitri. Aspettano segnali. Emblematica la scena di Sacchi che vede Romagnoli intervenire da ultimo uomo e da dietro in Juventus-Lazio e si porta subito la mano sull’orecchio per intercettare meglio la voce che gli arriva in cuffia. Sa che è successo qualcosa ma siccome è in dubbio, opta per non decidere. Non è un difetto del Var, questo. È un vizio degli arbitri che sono comodi-comodi in questo regolamento che cerca di togliere interpretazioni, quindi il loro stesso mestiere.
Altro che sport di contatto, a calcio si gioca con i piedi ma i piedi non possono nemmeno sfiorarsi, altrimenti è fallo. A volte, vedi Empoli-Napoli di ieri, il tocco lo si va a cercare con il lanternino per salvarsi la pellaccia. È l’ennesimo caso della stagione che dimostra un ulteriore fatto: non arbitrano nemmeno davanti allo schermo. Non interpretano nemmeno quando hanno il tempo per farlo. Non si cerca più il gioco, si cerca il contatto, il fallo che non c’è secondo il calcio ma c’è secondo il mondo arbitrale.
Ne sono prova i 4,4 rigori assegnati in media ogni giornata. 10 partite, 4,4 rigori: ma dai, che roba è... Colpa del Var? No, affatto. Colpa di cosa hanno fatto diventare il Var, il velo di Maya degli arbitri. Ha permesso loro di non svolgere un mestiere, di non prendere decisioni, di non arbitrare, ma comunque di essere lì in mezzo al campo a guadagnare il gettone presenza.
Quando era arbitro, Rocchi prendeva decisioni, giuste o sbagliate che fossero, e poi nel caso (nella sua ultima parte di carriera) le correggeva al Var, cosa ben diversa rispetto a quella che sta accadendo ora. Perché ora che dirige la classe non vuole cambiare il regolamento in corsa? Perché dice che ormai si deve arrivare a fine stagione così? Si sta adeguando a quanto succede in campo, ha deciso di non prendere decisioni. Così si ritroverà una classe sempre più meno capace di capire e interpretare il gioco e, già che ci siamo, porterà le squadre italiane che vanno in Europa a domandarsi perché mai domenica era rigore e mercoledì invece no.