Jannik Sinner? La telecamera stavolta è messa bene: risveglio saudita, ecco cosa trasmettono
Il montepremi è un incentivo mica da ridere, infatti Jannik Sinner non ride. Entra sul campo viola della con la faccia seria di chi non ha tempo da perdere ma oltre 6 milioni di dollari, quasi 5 milioni e mezzo di euro da guadagnare- tanto viene bonificato al vincitore della finalissima di sabato: oggi non si gioca perché l’Atp non permette alle esibizioni di disputarsi su tre giorni consecutivi, giusto per mantenere il controllo sui ricconi arabi che stanno tentando di inserirsi nel circuito. Pronti via, Jannik si prende il break e lascia Djokovic indietro di tre giochi. Il primo set si trascina così fino al 6-2, come se fosse una formalità, come se fosse normale prendere a pallate e dominare psicologicamente il Djoker.
L’attitudine di Sinner stavolta si vede bene perché la telecamera centrale è stata sistemata. I sauditi sono evidentemente attenti a feedback, ricchi ma disposti a migliorare. Certo, sul comportamento del pubblico c’è da migliorare: gli applausi su una prima di servizio a rete non sono da fare mentre sull’ovazione per il principe saudita che si accomoda sugli spalti nel bel mezzo di un game si può fare un’eccezione, considerando l’esborso per organizzare il circolino ribattezzato Six Kings Slam.
Il secondo set è più umano, nel senso che Sinner lascia andare qualcosina: forse complice un problemino agli addominali, lascia a Djokovic un punto omaggio (leggasi: doppio fallo) su ogni turno di servizio (5 su 5 game nel secondo set, strano ma vero). Erano 327 giorni che non concedeva una palla break a Nole, dalla sfida di Davis a Malaga con cui ha svoltato la carriera (anzi, due carriere: la sua e quella del serbo), subito si va a riprendere ciò che è suo ma poi perderà il tie-break 7-0 per la prima volta in carriera.
Si va al terzo in cui il concetto di esibizione che all’inizio entrambi i campionissimi negavano inizia ad emergere. D’altronde i soldoni arriveranno comunque (al quarto classificato andranno 2,3 milioni di dollari, al terzo 3,3, al finalista 4) e c’è un finale di stagione di fuoco, tra Parigi Bercy, le Finals e le finali di Davis. Djokovic chiede massaggi alla spalla ad ogni cambio di campo, Sinner si infastidisce perché concede un controbreak sul 4-3. Da lì rientra in modalità-rullo-compressore quel tanto che basta per riprenderselo e chiudere con un 6-4 che rende onore al cachet. Tempo totale: 2 ore e 27 minuti.
Jannik vince in campo e anche fuori perché poco prima che scendesse in campo la Itia, l’agenzia per l’integrità del tennis, aveva emesso un comunicato firmato dalla ceo Karen Moorhouseper in cui, di fatto, invitava la Wada, agenzia mondiale antidoping che ha fatto appello al Tas per il caso-Sinner, a non dubitare dell’integrità dell’agenzia stessa che aveva deciso «di non attribuire nessuna colpa e nessuna negligenza al giocatore». Si legge: «Il processo è definito dal Codice mondiale antidoping, stabilito dall’Agenzia mondiale antidoping, e dal Programma antidoping del tennis. Il modo in cui gestiamo i casi non cambia, indipendentemente dal profilo del giocatore coinvolto. Ogni caso è determinato dalle sue circostanze, dai fatti e dalla scienza». Più chiari di così...
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