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Daniel Maldini in Nazionale? "E intanto a Monza...": calciomercato, tam-tam impazzito

Claudio Savelli
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La conferenza stampa per la prima convocazione in Nazionale maggiore è senz’altro la “partita” più difficile finora disputata da Daniel Maldini. Il motivo è ovvio a tutti coloro che l’hanno ascoltata: di domande su Daniel ne arrivano poche, di domande su papà Paolo e nonno Cesare ne volano tante, tantissime, troppe. Ci vogliono le migliori doti di quel dna baciato dal calcio per rispondere senza uscirne “infortunati”: educazione, pazienza, lucidità. Daniel non dribbla tutte queste domande sulla dinastia come fa con gli avversari in campo ma si sofferma, risponde, spiega. E lo fa con sincerità, praticità e semplicità. Parla come gioca e questo- non il cognome- è il principale motivo per cui siede sulla poltrona della sala conferenze di Coverciano.

Daniel supera l’esame di maturità a pieni voti. Ammette che «vedere le foto di papà e nonno a Coverciano fa un bell’effetto» ma aggiunge subito di «essere concentrato sul ritiro» che serve per «mostrare cose buone al ct». Spiega che il Venezuela ha fatto più di un tentativo per convocarlo visto che mamma Adriana ne è cittadina, ma che lui «ha sempre preferito aspettare il momento giusto», ovvero quello in cui avrebbe fatto un salto abbastanza grande per meritarsi l’Italia. C’è stato, questo salto? Non ancora, non del tutto. Da come parla, il quasi 23enne (festeggerà venerdì, l’indomani del suo possibile esordio in Italia-Belgio) dimostra di esserne perfettamente consapevole. Anche papà Paolo lo è, infatti non ha trasformato il figliol prodigo in un figlio prodigio: «La mia famiglia mi è stata sempre vicina, ma, vi assicuro, con papà non abbiamo parlato della convocazione», spiega Daniel. Serva da lezione a tutti i genitori che idolatrano i figli fino a fargli venire la nausea.

 

 

 

VIVAIO

Fare il calciatore con quel cognome sulle spalle era dura per Paolo figlio di Cesare, figuriamoci per Daniel figlio di Paolo. Eppure il profilo è sempre stato basso e, per l’accesso al grande calcio è stata scelta una strada secondaria. Non l’attesa di uno spazio nel Milan, di cui Daniel è prodotto del vivaio, ma la bassa serie A, dove si lotta per non retrocedere. Lo Spezia, l’Empoli e infine il Monza. Laggiù non è stato trattato con i guanti e ha sempre fatto fatica a imporsi: delle 18 apparizioni nello Spezia solo 4 sono state da titolare; delle 7 all’Empoli e delle 11 al Monza lo scorso anno nemmeno una è durata 90’. La svolta è arrivata quest’anno, con Nesta sulla panchina brianzola che lo ha messo al centro della formazione e del progetto: 7 su 7 da titolare, ripagate ancora parzialmente da un solo gol e un solo assist. Ma le prestazioni sono piene di cose buone, quelle che piacciono a Spalletti. Per sua fortuna, a differenza di papà e nonno che difendevano la propria porta, lui la attacca e questo lo ha allontanato da un paragone diretto e davvero difficile da sostenere. Gioca sulla trequarti, già, ma dove di preciso? E come? Per lo più in un 3-4-2-1 (lo stesso dell’Italia quando attacca) quindi in uno dei due slot dietro la punta con compiti di oscillazione in mediana.

 

 

 

PLUSVALENZA

Oggi è un trequartista ma lo sviluppo di Maldini è quello di una mezzala di qualità ed equilibrio, dato che corsa e fisico sono di livello. Una specie di Mkhitaryan, per capirci, che da trequartista puro nel tempo è diventato mezzala, tant’è che il ds dell’Inter Ausilio è stato visto in tribuna allo U-Power per seguirlo da vicino. Una cosa normale ma che testimonia quanto l’ambiente delle grandi lo stia tenendo d’occhio. Anche perché potrebbe diventare un’occasione di mercato: il Monza lo ha acquistato a titolo gratuito (pagando solo un indennizzo) e se lo rivende genera una plusvalenza pura. In più il 50% del ricavato andrebbe al Milan, che rimedierebbe a una cessione affrettata ma, se vista dal punto di vista del Maldini seduto su quella poltrona a Coverciano, buona e giusta.

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