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Thiago Motta e Kalulu danno una lezione ai dirigenti del Milan e ad Allegri

Claudio Savelli
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La rivoluzione di Thiago Motta si è manifestata sul campo del Lipsia. Per la vecchia Juventus sarebbe stata una partita come altre, un pareggio prezioso, un punto importante. Questa Juventus lo ha trasformato in un potenziale crocevia. Uno di quei momenti di svolta delle grandi stagioni in cui si manifesta una componente epica quale un uomo in meno, una rimonta, degli infortuni a cui reagire, un gol nel finale. Ingredienti che la Juventus ha unito in una sola serata. Non a caso Thiago Motta, solitamente composto e di basso profilo, si è scatenato al gol di Conceicao. E si è preso anche una bella testata nell’estasi collettiva: una partita che lascia il segno. Thiago Motta è uno di quegli allenatori che vivono di sensazioni e percepiscono i momenti-chiave di una stagione, e Lipsia era uno di questi momenti. Anche con il primo Allegri la Juventus ha vissuto queste partite-svolta. Con il secondo no, mai.

PARAGONE COSTANTE
Ecco, da un lato il paragone costante tra i due allenatori è stucchevole, dall’altro è utile per misurare la rivoluzione di Thiago Motta. In tre mesi ha smontato i discorsi degli ultimi tre anni. E non a parole ma con i fatti. Che il dna della Juventus preveda la sofferenza difensiva, che i giovani prima di indossare questa maglia debbano fare la gavetta, che non si possano schierare tre attaccanti perché viene meno l’equilibrio, che si debba alzare il tono di voce fuori dal campo per sopperire alle mancanze di campo sono tutte idee sparite. Spazzate via. Le formazioni sono composte solo di under-30, Danilo che è l’unico ultratrentenne in rosa a parte Pinsoglio fatica a vedere il campo, ci sono sempre almeno tre offensivi e nonostante questo la difesa è il punto di forza (concessi più tiri negli ultimi 15’ a Lipsia che non nelle precedenti 7 gare stagionali, ma in inferiorità numerica e, soprattutto, in coscienza) e le gerarchie non sono fisse. Chi merita, gioca, anche se si chiama Savona, anche se la competizione è la Champions League. Altro che complessità, questo sì che è rendere le cose semplici ai calciatori.

 

 


E quella retorica sul fatto che i giocatori in rosa non sono da Juventus? Sparita. Thiago Motta va ripetendo di avere “giocatori forti”, pur avendo chiesto profili da plasmare al posto di trentenni fatti e finiti. Paradossale, o forse no perché è proprio cambiato il concetto alla base della squadra: ci si allena per evolvere, prima che per fare risultato. Ci sono molti esempi dell’efficacia del metodo-Motta, ma uno su tutti da estrarre dalla gara di Lipsia è Kalulu, anche perché con l’assenza di Bremer (a partire dalla sfida di domenica, ora di pranzo, al Cagliari) diventerà titolare fisso. Nel Milan sembrava un giocatore che aveva azzeccato una stagione, ora invece sembra uno su cui investire ben oltre i 14 milioni a cui è fissato il diritto di riscatto.
Con il Lipsia ha parato al posto di Perin, bloccato altri due tiri, vinto tre duelli, passato il pallone 56 volte con il 93% di successo. E non si contano i movimenti a dare copertura al compagno di reparto, peraltro cambiando posizione visto che con Gatti è scalato sul centrosinistra. Arriveranno le difficoltà e a quel punto la tifoseria dovrà dimostrarsi matura e riconoscente con Thiago Motta che, in meno di tre mesi, ha riconsegnato la Juventus al calcio e ai suoi tifosi, compresi quelli che rimpiangono il passato.

 

 

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