Jannik Sinner, l'ex arbitro del Tas: "Cosa sarà sufficiente per squalificarlo"
"Jannik Sinner ha molti strumenti per difendersi, ma per punirlo non dovranno dimostrare che fosse in malafede". A sostenerlo è l'avvocato Angelo Cascella, che per dieci anni è stato arbitro del Tas in numerosi procedimenti. Dopo la richiesta della Wada, il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna dovrà pronunciarsi sulla positività del numero uno al mondo. Ma l'azzurro continua a dichiararsi innocente dalle accuse.
"L'atleta è responsabile delle sostanze vietate trovate nel suo corpo - ha spiegato Cascella -. E se risulti positivo, sei tu che devi dimostrare come la sostanza sia entrata nel tuo corpo. Se nel processo penale si è puniti solo se la colpa è accertata oltre ogni ragionevole dubbio, qui non è necessario arrivare a tanto. E non deve essere dimostrata la malafede: quando viene riconosciuta viene raddoppiata la pena, come nel caso di Pogba. Ma - ha poi aggiunto - si può essere puniti anche solo per negligenza".
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In molti, però, ritengono che la quantità - irrisoria - di Clostebol trovata nelle urine si Sinner sia sufficiente per scagionarlo. Ma l'avvocato, invece, non la pensa così. "Il fatto che si parli di una quantità modica non c’entra nulla - ha sottolineato Cascella -. A distanza di 8 giorni dal primo controllo, si trova ancora la sostanza ma in quantità minori. Ma visto che gli atleti non sono controllati tutti i giorni, è presumibile che una settimana prima del primo test ci fosse in quantità superiori".
Sarà difficilissimo per Sinner difendersi dal processo. "Il punto di partenza resta la normativa antidoping - ha evidenziato l'ex arbitro -. E sono pochi gli atleti che riescono a difendersi: la linea difensiva deve essere verosimile e convincere gli arbitri che non ci sia alcuna responsabilità dell’atleta”.
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