Luna Rossa, chi è Clelia Sessa: la donna che risolve i problemi (ma non è mai salita a bordo)
Non ci sono solo uomini velisti, ma anche le donne come Clelia Sessa, che di anni ne ha 26, è piemontese e vive sulle sponde del Lago Maggiore. Clelia fa parte del team di terra di Luna Rossa Prada Pirelli ed è stata intervista da La Repubblica. Il suo ruolo è “nel reparto di meccatronica — ha detto —. Il mio team lavora sulla progettazione, sul testing e sulla gara, gestiamo i sistemi che uniscono idraulica ed elettronica, lavoriamo su software e hardware, trattiamo anche biciclette, flaps, foil e timone”. E ancora: “È un lavoro impegnativo: inizia prima di mettere lo scafo in acqua, continua durante la gara e poi quando la barca rientra in tenda. Salviamo i dati, li controlliamo, ci occupiamo del quotidiano e dell’eccezionale con lo scopo di ottenere miglioramenti. A me piace andare in barca, ho iniziato a cinque anni con mio padre, il comandante de Il Moro di Venezia, e ho gareggiato negli Optimist”.
Nonostante faccia parte del team di terra, su Luna Rossa Sessa non è mai salita, “ma mi piacerebbe moltissimo — dice sognando per il futuro —. Questi tipi di scafi, gli Ac75, non sono da crociera e se devo dirla tutta io più che da salsedine sono una donna da lago. L’anno prossimo voglio fare i mondiali in classe Moth sul Garda”. L’inizio nel team però non è stato facile “perché ero la più piccola, ma ora ci sono diversi giovani ed è aumentata la fiducia degli altri — ha raccontato —, i grandi ti mettono alla prova, voglio vedere quanto sei disposta ad imparare. Non sopporto essere considerata una raccomandata da quota rosa, non lo sono, mi sono impegnata, ho lasciato casa, sono nel team perché svolgo una funzione, non per seguire un passatempo”. Già, Clelia è la donna che risolve i problemi, che agisce nel "cuore" meccanico della nave. Una figura fondamentale.
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Difficilmente Sessa potrà partecipare alla Coppa America, per il momento: “È la competizione più vecchia del mondo, in tutti i sensi, e c’è un po’ di vecchiume — ha detto —. Culturalmente fa fatica a uscire da una certa ottica, ma non esiste nessuna controindicazione alla partecipazione femminile. Ricordo però che da quest’anno si disputa la Puig Women America’s Cup, su barche simili ma più piccole, gli AC 40, e anche la Youth America’s riservata ai giovani”. Il complimento più bello ricevuto “è che sopporto tutto, per lo meno così mi dicono gli altri — ha concluso — Ma io qui non ho niente da perdere, solo da dare. E lo stress feroce di una gara lo reggo con una concentrazione altissima e con un distacco emotivo. Vorrei rimanere in questo mondo, aprire un mio laboratorio, sviluppare progetti, mai come ora la vela è aperta a soluzioni originali e a nuovi ruoli”.
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