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Wada, la sconcertante confessione dall'agenzia: chi sono quelli che vogliono far fuori Sinner

Leonardo Iannacci
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È un gioco delle parti maligno e inutile: da una parte c’è un professionista esemplare che, pur perseguitato ingiustamente, continua a vincere e a seminare record; dall’altra una manica di dilettanti (e siamo decisamente soft nel definirli tali...) che fa solo danni. 

I protagonisti: Jannik Sinner, giunto alle semifinali del torneo 500 di Pechino avendo battuto in due set il ceco Jiri Lehecka, numero 37 al mondo (6-2, 7-6) in un’ora e 40 minuti, ha infilato la decima semifinale stagionale, la 14esima vittoria consecutiva, il 58esimo successo contro 5 sole sconfitte e, ciliegina sulla torta, ha fatto suo il 16esimo tie-break sugli ultimi 17 giocati. Numeri pazzeschi che sottolineano ancora i meriti di questo campione che è riuscito a essere implacabile, cinico, irriducibile, spietato in campo e inesorabile contro chiunque gli capiti a tiro quando gioca.

«SMARRITI 900 TEST»
Un uomo di ghiaccio nonostante la famigerata Wada gli abbia strofinato i nervi ancora una volta riaprendo il caso Clostebol con il ricorso al Tas. «Ho passato notti insonni ma sono innocente. Però questa non è una situazione facile», ha ammesso ieri dopo la vittoria contro Lehecka: giocherà oggi la semifinale contro il cinese Yunchaokete Bu (diretta su Sky alle 13), giustiziere prima di Musetti e poi di Rublev. Nell’altra semifinale Carlos Alcaraz sfiderà Daniil Medvedev, vincitore nei quarti di Flavio Cobolli per 6-2, 6-4.

E sin qui il professionista Sinner di cui parlavamo all’inizio. Dall’altra parte del palcoscenico alberga la congrega di enormi dilettanti: gli scaldasedie della Wada. Ormai tutto pensavamo di sapere su questa chiacchieratissima commissione mondiale antidoping: pur non contestando la ricostruzione dei fatti fornita dal team Sinner al tribunale indipendente (Itia) che lo hanno portato all’assoluzione in prima istanza, ha ritenuto si debba riscontrare negligenza da parte dell’azzurro che ha portato alla contaminazione involontaria dell’ormai pubblicizzatissima pomata Clostebol. Nel prossimo febbraio arriverà il responso dell’arbitrato affidato al Tas di Losanna: Jannik rischia, sulla carta, una squalifica da uno a due anni. Ma soltanto se emergeranno nuove prove contro Sinner. Altrimenti sarà tempo perso.

Di ieri una novità che, però, mette in ulteriore cattivissima luce la Wada: viene dagli Stati Uniti per via di un succulento scoop del New York Times che sta conducendo da mesi una battaglia aspra contro questa commissione. L’inchiesta del prestigioso giornale newyorchese ha rivelato che per un «non precisato problema tecnico la Wada avrebbe perso, poche settimane prima delle Olimpiadi di Parigi, i database di almeno 2.000 casi sospetti perdendo traccia di 900 risultati di test fatti ad atleti accusati di aver infranto le regole antidoping». In sostanza, non si sa se ai Giochi abbiano partecipato o meno anche atleti dopati. Letto questo articolo la credibilità della Wada, che ha replicato al New York Times ammettendo i problemi ai database ma sorvolando sul resto, vacilla sempre più. Nell’articolo si specifica che «non sarebbe stato più possibile monitorare correttamente i casi di atleti che si stavano recando a Parigi».

 

 

CONTRADDIZIONI
Capito? La commissione che si perde i database di 2.000 atleti sospetti e i risultati di 900 test è la stessa che ha riaperto l’affaire Sinner, il cui database sull’infinitesimale dose di Clostebol contenuta nelle sue urine non è stato stranamente perso.

Anzi, il suo dato è stato analizzato così accuratamente da far riaprire la vicenda dopo una prima sentenza totalmente assolutoria, rimettendo sulla graticola un campione pulito come Jannik. Tra l’altro la Wada è stata sbugiardata anche dall’International Tennis Integrity Agency, ovvero dalla Itia che ha assolto Jannik («Il processo è stato condotto secondo le linee guida del Codice mondiale antidoping» si legge nel comunicato emesso ieri) nonché dall’italiana Nado, ovvero l’Organizzazione Nazionale Antidoping che, sicura dell’innocenza di Jannik, non ha presentato alcun ricorso avverso la prima benevola sentenza.

Fioccano le difese ad oltranza del numero 1 del mondo e l’ultima, nobilissima, è quella di Martina Navratilova: «È una follia. La Wada è un vero disastro». L’ex campionessa ha fatto riferimento al differente comportamento tenuto a proposito di 23 sospetti nuotatori cinesi (cinesi come l’avversario odierno di Jannik, ehm...) per cui la Wada era già finita nella bufera visto l’approccio soft tenuto nei loro confronti: «Quegli atleti cinesi se ne stanno tranquilli e ora questa follia con Sinner? Che pessimo sistema abbiamo». E se lo dice Madame Navratilova, c’è da crederle...

 

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