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Napoli, Antonio Conte? La svolta cambiando assetto: il segreto e una clamorosa rivincita

Claudio Savelli
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Gli allenatori ripetono che i moduli non sono la cosa più importante, che contano di più atteggiamento e interpretazione e hanno ragione, ma solo parzialmente. Perché il modulo, il sistema di gioco, è (ancora) la base di tutto: uno strumento con cui metti ordine, in campo e fuori. Ecco perché un cambio di sistema di gioco può anche portare a una svolta emotiva nella stagione.

Su quest’onda Antonio Conte ritrova la vetta della serie A che aveva lasciato da campione d’Italia con l’Inter e vi riporta il Napoli che a sua volta non era lassù dalla notte in cui festeggiava il titolo con Spalletti. Se si scorre la rosa costruita in estate si può notare un tentativo di ristrutturazione per la difesa a tre rimasto incompiuto (mancano un paio di centrali e un paio di esterni a tutti campo di livello).

 

 

Bravo Conte a rendersene conto e a rinunciare al suo modulo preferito: la rosa del Napoli è perfetta per un 4-3-3 basculante in un 4-2-3-1, dove quell’uno dietro Lukaku è McTominay, il grande acquisto estivo. Il mister ha proposto questo sistema contro la Juventus e tutti gli espertoni si scervellavano per capire se Politano avrebbe mai fatto tutta la fascia.

In realtà c’era poco da interpretare ma su Conte resiste il cliché dell’integralismo. L’attuale mister del Napoli ha sempre svoltato grazie a un cambio di modulo: nella prima Juventus dal 4-2-4 al 3-5-2, nel Chelsea dal 4-3-3 al 3-4-3, nel secondo anno di Inter dal 3-4-1-2 al 3-5-2 con Eriksen mezzala anziché trequartista a partire dalla sfida contro il Sassuolo. La sensazione è che la storia si sia ripetendo. Anche Fonseca si è salvato nel Milan (che domani fa visita al Bayer Leverkusen nella seconda e delicata giornata di Champions) grazie a una svolta tattica.

Come Conte l’ha proposta in una grande partita (nel derby) perché è così che si fa: un cambio di sistema è un segnale potente per i giocatori e un big match ne prolunga il riverbero. Il 4-2-4 rossonero funziona perché asseconda le caratteristiche dei calciatori in rosa: Morata-Abraham si completano e nessuno deve improvvisarsi regista.

Anche la Roma sta trovando una forma nel 3-4-2-1 di Juric, così come la Juventus fin dall’estate con il ritorno alla difesa a quattro che diventa a tre in costruzione imposto da Thiago Motta. Forse all’Inter (che domani ospita la Stella Rossa) manca questa svolta. Potrebbe essere anche piccola, ad esempio un Pavard al centro della difesa o Zielinski per Mkhitaryan in modo da bilanciare le proiezioni di Frattesi. Intanto che Barella è ai box, perché non provarci?

 

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