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Jannik Sinner, la lite con Alcaraz: cosa ha fatto saltare il tappo

Claudio Savelli
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I quasi amici sono diventati quasi nemici. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz si stuzzicano a distanza, accendendo una rivalità che, spera lo spagnolo, «durerà per anni» e che finora era depotenziata da un velo di perbenismo. Ecco, basta. L’antagonismo non è solo utile ma necessario per migliorare ciò che non sembra migliorabile: il gioco di un numero uno. Così è stato anche per Federer e Nadal, veri amici dopo la carriera, quasi amici durante. Così sarà per Jannik e Carlos che si sono accorti di essere l’uno contro l’altro nella corsa agli Slam che, per la prima volta, si sono spartiti esclusivamente tra loro, due a testa (Australian e Us Open a Sinner, Roland Garros e Wimbledon ad Alcaraz), senza interferenze di Djokovic & Co.
L’Olimpiade finita tra le mani del serbo è l’eccezione che conferma la regola perché ha il sapore del canto del cigno.


BENZINA SUL FUOCO
La benzina suun fuoco sopito troppo a lungo è stata il caso di non-doping di Sinner che ha stanato i colleghi. Alcaraz è addirittura arrivato a dubitare dell’innocenza dell’(ex)amico: «Credo che ci siano degli aspetti che non sappiamo di tutta la vicenda, ma se lasciano giocare Jannik un motivo ci sarà. Hanno detto che è innocente...». Pochi giorni dopo l’azzurro dirà che la vicenda è servita a capire «chi è amico e chi no»: il riferimento non può essere solo a Kyrgios, la cui disistima era già ben nota a Sinner. Jannik e Carlos percorreranno binari paralleli da qui a fine anno, incrociandosi solo in occasioni speciali: Pechino (Atp 500) a partire da stanotte (Sinner inizia contro Jarry all’alba, a seguire Alcaraz sfiderà Mpetshi Perricard), il 1000 di Shanghai la prossima settimana, il 500 di Vienna dal 21 al 27 ottobre, il 1000 a Parigi dal 28 ottobre al 3 novembre, le Finals di Torino (10-17 novembre) e le finali di Davis a Malaga (19-24 novembre). Il destino incentivala nuova rivalità mettendoli finalmente opposti nel tabellone di Pechino in modo che possano incontrarsi solo in finale, così come può accadere a Italia e Spagna in quel di Malaga.

 

FRECCIATINE CINESI
E tanto per mettere in chiaro come stanno le cose d'ora in poi, la trasferta cinese è cominciata con le frecciatine a distanza. Alcaraz ha dichiarato che «si giocano troppe partite e così ci ammazzeranno»? Sinner ieri ha risposto che «sì, il calendario è lungo», ma siamo tennisti quindi «se un torneo vuoi giocarlo lo giochi, altrimenti no». Se sei uno dei migliori al mondo guadagni abbastanza per poter scegliere quando e dove giocare. Anzi, «devi scegliere». Jannik lo fa («Negli ultimi due anni ho saltato alcuni appuntamenti perché volevo allenarmi») e puntualmente sopporta vagonate di insulti dai connazionali che non capiscono o fanno finta di non capire, Carlos meno, ma quel buon viso a cattivo gioco ora non la passa più liscia e diventa argomento per un po’ di sano show. E, a patto che rimanga nei canoni dell’educazione e della correttezza, ma su questo Sinner è una garanzia, il tennis ha bisogno di questo fuoricampo piccante. Dopo anni di flessione, dove ci si domandava chi avrebbe mai raccolto l’eredità di Federer, Nadal e Djokovic, che ha saputo alzare i toni dello scontro, sono arrivati questi due fenomeni ed è giusto che, dopo essersi affermati in campo, inizino a prendersi la scena anche al di fuori. Fa bene a loro e fa bene al tennis che, lo ricordiamo, non è uno sport per gentiluomini come vuol far credere.

 

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